Gli studenti si confrontano con le ragioni del Sì e del No

Il ruolo del Senato, il rapporto Stato-Regioni, i poteri di Governo e Parlamento Nell’ateneo salernitano ne hanno discusso Quagliariello, Adinolfi, Cozzolino e Galdi

SALERNO. Le ragioni del “Sì” e quelle del “No”. Il referendum per riformare la Costituzione è stato al centro di un dibattito nel campus universitario di Fisciano. Al di là di troppe tesi contrapposte e antagonismi preconcetti, come ha puntualizzato ieri Andrea Manzi, direttore del nostro quotidiano e moderatore del dibattito “La Riforma costituzionale, aspettando il referendum” , il tema è stato affrontato ascoltando le ragioni dell’una e dell’altra parte in campo. All’incontro, promosso dall’Associazione Scienze politiche si sono espressi a favore del Sì il professore Massimo Adinolfi, consigliere politico del ministro della Giustizia, e l’eurodeputato del Pd Andrea Cozzolino. Le tesi opposte sono state sostenute dalsenatore Gaetano Quagliariello e da Marco Galdi, professore docente di Diritto pubblico ed ex sindaco di Cava de’ Tirreni. A fare gli onori di casa il rettore, Aurelio Tommasetti, soddisfatto di aver incassato quest’anno mille immatricolati in più e di dare un contributo informativo sul referendum. Adinolfi ha aperto il dibattito sull’importanza di spazzare via il bicameralismo e sul rapporto Stato-Regioni. «Il circuito fiduciario ha bisogno di essere ristretto a una sola Camera. La riforma del Senato è un compromesso ma si fa un passo avanti, per questo è stato ristretto il campo delle leggi di sua competenza», ha sostenuto Adinolfi in apertura del dibattito soffermandosi sull’importanza di spazzare via il bicameralismo e sul rapporto Stato-Regioni. Poi ha puntato l’attenzione sull’importanza di istituire un controllo preventivo di costituzionalità delle leggi: «Se una legge è incostituzionale, sarà bloccata. In questo modo avremo più garanzie, una legge come il Porcellum non passerebbe mai». Ha ricordato che la Costituzione è entrata in vigore nel ‘48 mentre le Regioni sono state istituite nel 1970, per dire che anche la prima legge del Paese non era perfetta ma perfettibile. «La Costituzione aveva lacune, oggi è la stessa cosa. La riforma non finisce con il referendum del 4 dicembre, rimane tanto da fare ancora».

Di tutt’altro avviso Quagliariello, noto giurista oltre che politico: «Facciamo un passo indietro. Il bicameralismo non viene superato e il Senato sarà chiamato comunque in causa per approvare molte leggi. I presidenti di Camera e Senato avranno potere di decisione, col rischio che la legge si blocchi. Un senatore voterà come dice De Luca o Grillo a seconda dell’appartenenza, questa è rappresentanza partitica e non rappresentativa».

Per Quagliariello il Governo avrà più potere e il Parlamento ne uscirà «pasticciato». Aumenterà il divario tra Regioni a statuto speciale, che non rientrano nella riforma, e tutte le altre. Per Galdi si deciderà chi governerà «con spazi di democrazia ridotti: il Senato sarà eletto da sindaci e consiglieri regionali. Ci sarà un’evoluzione antidemocratica». Anche il rapporto di fiducia con una sola Camera «rafforza il premier». Il presidente della Repubblica al settimo scrutinio sarà eletto con 219 voti «sarà zerbino del premier, mentre il Senato – per Galdi – sarà il dopolavoro di consiglieri e sindaci». Di tutt’altro avviso Cozzolino: «La riforma è necessaria, ora o mai più. Non punta a rafforzare l’esecutivo ma a promuovere nuove funzioni parlamentari. Ridiamo funzione alle istituzioni».

Marcella Cavaliere

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