il Riesame

Gli “scafisti” confermano «Sul barcone duecento morti»

«Siamo partiti in 550, poi in Italia siamo arrivati che eravamo soltanto 340. Gli altri erano morti». È uno dei presunti scafisti arrestati a inizio agosto dalla Mobile a confermare, davanti al...

«Siamo partiti in 550, poi in Italia siamo arrivati che eravamo soltanto 340. Gli altri erano morti». È uno dei presunti scafisti arrestati a inizio agosto dalla Mobile a confermare, davanti al Tribunale del Riesame, la tragedia a largo di Lampedusa che costò la vita a circa duecento migranti. Alcuni di quei cadaveri sono stati ritrovati e ora per i timonieri si ipotizza un’accusa di omicidio, in aggiunta a quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per la quale sono da oltre due mesi in carcere. Loro però si difendono, e ai giudici del Riesame hanno ricostruito ieri un viaggio infernale in cui sarebbero vittime e non carnefici. «Abbiamo pagato anche noi il prezzo del viaggio – raccontano – poi ci hanno scortati tutti fino alle acque extraterritoriali e lì ci hanno affidato la guida delle imbarcazioni, minacciando di ucciderci se fossimo tornati indietro».

A comparire davanti al collegio sono stati ieri un eritreo e un palestinese, in cui alcuni migranti hanno riconosciuto i timonieri dei barconi partiti il 31 luglio dalle coste della Libia. Quando agli inizi di agosto la nave San Giusto della Marina militare li ha condotti a Salerno dopo il salvataggio, agli arresti finirono in sei, ma gli altri quattro hanno rinunciato a chiedere la scarcerazione e aspettano l’esito dell’incidente probatorio fissato per venerdì, quando la loro versione dei fatti sarà messa a confronto con quella di una trentina di migranti che li hanno indicati come gli aguzzini. Secondo gli avvocati Rosario Fiore e Gianluca Salzano, che ieri si sono rivolti al Riesame, le ordinanza di custodia cautelare vanno annullate perché si fondano su dichiarazioni di persone che andavano ascoltate alla presenza dei difensori, in quanto coindagati. Il Riesame (che domani esaminerà anche la posizione dei due tunisini arrestati a inizio settembre) dovrebbe depositare oggi la decisione. Intanto si raccolgono le testimonianze: tra i presunti scafisti c’è chi racconta di aver fatto l’intero viaggio con una bambina in braccio per proteggerla; chi di essere stato costretto ad assecondare i mercanti di vite umane perché avevano preso in ostaggio suo fratello, garantendo che lo avrebbero ucciso se lui non li avesse aiutati con le comunicazioni via radio in inglese. Racconti che vanno incrociati con le versioni fornite dai migranti, secondo cui la crudeltà dei timonieri ha reso ancora più infernale il viaggio verso la speranza. E poi ci sono quei duecento morti, soffocati nella stiva quando il barcone si è ribaltato. (c.d.m.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA