Gli operatori insorgono «Giù le mani dal porto»

Lanciato un nuovo allarme e annunciati incontri e iniziative pubbliche per impedire lo scippo dei notevoli traffici marittimi di Salerno

SALERNO. Il porto di Salerno fagocitato da quello di Napoli. È quanto temono gli aderenti ad Assotutela, l’associazione fondata nel 1982, per la tutela e lo sviluppo del porto salernitano. Più che un sospetto, tuttavia, è una certezza, se non verrà modificato il decreto che accorpa Salerno a Napoli. «In base a quanto deciso - scrive Assotutela nel documento programmatico - Napoli deciderà per Salerno la destinazione d’uso delle aree portuali, l’indirizzo delle operazioni portuali, il contenuto delle licenze per l’esercizio di impresa portuale, gli investimenti da realizzare. In altre parole Napoli deciderà quale è il futuro marittimo-portuale di Salerno». Dunque, al di là delel prese di posizione campanilistiche, è questo il “futuro” dello scalo marittimo cittadino.

Proprio per questo gli storici imprenditori portuali scendono in campo, per difendere non solo le proprie attività ma pure i livelli occupazionali. E preparano la strategia difensiva. «Nei prossimi giorni - annunciano - definiremo i dettagli del programma d’incontri istituzionali e d’iniziative pubbliche nel corso delle quali informeremo la cittadinanza delle conseguenze, in termini di livelli occupazionali e di capacità di mantenimento dei traffici delle merci e delle persone, che deriveranno dall'attuazione del decreto legislativo varato dal Governo Renzi nei giorni scorsi». Perché, secondo gli operatori portuali, il disegno oramai è chiaro: «Vogliono sottrarre, ex lege, i traffici marittimi che appartengono a Salerno». E a tutto vantaggio di Napoli. Proprio per questo, sostengono gli aderenti ad Assotutela «appaiono ovvie le dichiarazioni a favore dell’accorpamento espresse da parte di esponenti istituzionali, politici e imprenditoriali dell’ambiente partenopeo». Già, perché, secondo Assotutela «la cancellazione dell’autonomia dell’authority portuale di Salerno e l’attribuzione della responsabilità gestionale all’autorità di Napoli non giova innanzitutto alla nostra città». «Che viene privata - aggiungono - di un’importante istituzione territoriale e della capacità di decidere del futuro del suo maggiore sistema imprenditoriale ed occupazionale, intorno a cui ruota il proprio waterfronte la sua vocazione alla internazionalizzazione dei traffici commerciali e crocieristici». E, altresì, l’accorpamento o, meglio, lo svuotamento di competenze per Salerno avrà ripercussioni anche sullo «stesso porto - viene specificato nel documento -che vede messo in discussione il proprio modello di eccellenti pratiche gestionali, amministrative ed operative, nonché la tipologia dei traffici acquisiti e quindi l’occupazione sviluppata, che ammonta a diverse migliaia di lavoratori». Ma, in un’ottica più generale, ad essere penalizzate saranno pure «le aziende esportatrici del territorio campano e meridionale, che hanno contato fino ad oggi sulla disponibilità di un competitivo gateway salernitano verso i mercati del mondo.

E anche la regione, depotenziata sul fronte mare, passando da due ad una sola Autorità portuale, mentre invece Liguria, Puglia e Sicilia sono riuscite a pretenderne e a mantenerne in vita due». E non convincono gli imprenditori neppure le giustificazioni che sono state addotte per motivare l’accorpamento. In quanto la «teoria della pianificazione delle funzioni - sostengono gli operatori portuali salernitani - favorisce la subalternità economica, imprenditoriale e competitiva del porto di Salerno rispetto a quello di Napoli». In pratica si è posto l’accento sulla “necessità” di evitare la competizione tra scali, puntando alla “complementarità” dell'offerta commerciale tra i due porti.

«Ma in questo modo - sottolineano gli aderenti ad Assotutela - viene incredibilmente a mancare il principio della libera concorrenza tra imprese in un libero mercato.

Si teorizza la pianificazione delle funzioni, comprimendo il diritto delle imprese ad esercitare la propria attività, in nome dell'unica regola valida nell’economia di mercato: la capacità competitiva ed il merito imprenditoriale». Dunque un vera e propria condanna di morte per lo scalo salernitano, che emerge dal «palese disegno - precisano gli imprenditori - di incidere profondamente sulle vocazioni mercantili del porto di Salerno in nome non si sa bene di quale visione calata dall'alto. È evidente, quindi, che siamo di fronte ad un’operazione di forte ridimensionamento della capacità competitiva dello scalo salernitano al servizio di un riequilibrio dei traffici commerciali a tutto vantaggio del porto di Napoli, che assorbirà i traffici a maggiore valore aggiunto».

Il problema, perciò, non è la nomina del presidente della nuova governance. Anzi, quest’aspetto passa in secondo piano dinanzi agli altri problemi che potrebbero non solo tarpare le ali all’ulteriore sviluppo del porto di Salerno, ma addirittura coinvolgerlo in una discesa verticale verso una crisi senza ritorno.

«L’enorme criticità per Salerno è infatti determinata dai contenuti normativi della proposta di legge - chiarisce Assotutela - che di fatto mettono in discussione il futuro del porto cittadino, indirizzato, a quanto pare, verso una logica di subalternità economica, gestionale ed imprenditoriale rispetto al porto di Napoli, senza alcuna possibilità per la comunità salernitana di determinare il proprio futuro».

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