Il braccio di ferro

Gli anti Crescent tornano in Procura: «Stop al cantiere»

In settimana saranno depositati nuovi documenti. Nel mirino gli ultimi atti di Soprintendenza e Comune

Ambientalisti e attivisti anti Crescent tornano in Procura. E chiedono sia agli inquirenti che al giudice Marilena Albarano (davanti alla quale pende il processo per il cedimento in piazza della Libertà) di fermare i lavori, tanto per l’edificio quanto per l’opera pubblica. L’istanza sarà depositata nella prossima settimana, accompagnata dai nuovi documenti acquisiti in Soprintendenza e Comune che già hanno fondato i motivi aggiunti presentati nei giorni scorsi al Tar per chiedere lo stop sul Crescent. Gli snodi sono essenzialmente due: l’autorizzazione paesaggistica sui nuovi permessi a costruire (che per la Soprintendenza sarebbero legittimati dal via libera al comparto) e la sdemanializzazione nell’area del torrente Fusandola, che Palazzo di Città avrebbe avviato solo ora con una procedura giudicata tardiva. I due documenti, di ente di controllo e amministrazione comunale, saranno consegnati entrambi alla magistratura, per chiedere provvedimenti cautelari e nuove indagini. «Solo adesso – spiega l’architetto Vincenzo Strianese – gli uffici comunali si stanno rendendo conto che non possono fingere che il Fusandola non vi sia e chiedono ai progettisti il frazionamento sulle particelle del tracciato. Dovevano farlo prima di edificare, ora ci dimostrano che avevamo ragione ma continuano a dimenticare che sugli alvei i vincoli sono assoluti». Nel mirino c’è anche la soprintendente Francesca Casule: «Qui a Salerno si innova la normativa, si dice che a presupposto del permesso a costruire basta l’autorizzazione paesaggistica al comparto. Lo sottolineo ai colleghi architetti: se è così tutte le nostre tribolazioni per i nulla osta a verande e abbaini sono finite».
Sulla Soprintendenza il giudizio negativo è allungato nel tempo. La presidente di Italia nostra, Lella De Leo, parla di una «accondiscendenza» che avrebbe resistito al cambio di quattro soprintendenti. «Ora si sta replicando, in maniera per noi inspiegabile, l’errore di Zampino – accusa l’ambientalista – quello di trascurare che a ogni titolo edilizio deve corrispondere un’autorizzazione». Sono elementi di questo genere – spiega – a imporre di inseguire l’iter nelle aule giudiziarie del Tribunale e del Tar. E per sostenere i costi della battaglia legale sarà presto avviata una nuova raccolta di fondi affidata al gruppo “Figli delle chiancarelle”, che un contributo lo chiederà innanzitutto ai consiglieri comunali (partendo da quelli di opposizione) e agli ordini professionali. «Noi non ci rassegniamo – incalza Pierluigi Morena del comitato No Crescent – Non accettiamo l’idea dell’ormai è fatta e andremo fino in fondo perché siamo convinti di avere ragione». Tanto più che il Crescent è identificato come il simbolo di un atteggiamento «reiterato e generalizzato». «Siamo stanchi – aggiunge l’avvocato Oreste Agosto – di vedere un Comune che non è arbitro ma fa le parti dei privati. Con la nuova documentazione chiediamo alla Procura di bloccare tutto, se non lo faranno avvieremo iniziative anche contro la magistratura. E se proprio il Crescent non sarà abbattuto diverrà, almeno, proprietà dei salernitani».
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