Giro di prostituzione, prime condanne

Albanesi e rumeni riconosciuti colpevoli di sfruttamento, estorsioni e rapine nella zona litoranea

Si erano spartiti il controllo della prostituzione sul litorale: la località Spineta era controllata dagli albanesi mentre in zona Lago spadroneggiavano i rumeni. A due anni dal blitz che sgominò le due organizzazioni a gestione familiare, arrivano le prime condanne. Ieri, i giudici della Seconda sezione penale del tribunale di Salerno hanno letto le condanne per cinque imputati che rispondevano, a vario titolo, di sfruttamento della prostituzione, estorsioni e rapina.

Ai due fratelli Sulejmani, Vistol e Kristian, considerati i capi del cartello albanese, è stata comminata la pena di 4 anni di reclusione. Nuard Kekanay, sodale dei fratelli Sulejmani nella gestione delle ragazze che si prostituivano vicino al ponte del fiume Tusciano, è stato condannato a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Adam Carol, detto “Boby”, e Mihai Gheorghe Razvan, detto “Rosario”, invece, sono stati condannati rispettivamente a 3 anni e 3 anni e 4 mesi. Quest’ultimi rispondevano di estorsione ai danni di due prostitute rumene, che esercitavano sul litorale di Magazzeno a Pontecagnano, al fine di farle allontanare per far spazio alle donne del gruppo degli albanesi.

L’inchiesta della procura di Salerno, sostituto Katia Cardillo, è partita proprio dalla brutale rapina ai danni di una prostituta “non allineata”, avvenuta la notte del 4 ottobre di tre anni fa. Quella stessa notte furono rapinati e picchiati Natalino Migliaro, il trentenne battipagliese deceduto due mesi dopo, a dicembre, per le conseguenze di quella brutale aggressione, e la fidanzata, Francesca Giannetto. La prostituta, invece, fu aggredita da un solo uomo corpulento. Da quelle indagini si risalì alla mappatura della prostituzione sul litorale battipagliese, fino a Pontecagnano. Se i rumeni facevano prostituire le proprie donne (mogli, compagne), gli albanesi erano un gruppo organizzato che si occupava di accompagnare e proteggere le prostitute durante il loro “servizio”. I protettori rimanevano in zona e controllavano i clienti con cui si appartavano le lucciole. Poi partiva la telefonata: «Quanto hai mosso?». Era la domanda codificata per chiedere il guadagno della prestazione. La metà dell’incasso giornaliero veniva trattenuto dall’organizzazione che, a fine turno, riaccompagnava le prostitute a casa.

Al rito ordinario, invece, sono andati gli altri imputati. in origine erano 15 gli indagati colpiti da misura cautelare.

Massimiliano Lanzotto

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