«Giancane deciso a uccidere Fortino» 

Le motivazioni della sentenza per l’omicidio dell’infermiere, “colpevole” di una relazione con la sua ex compagna

Giorgio Davide Sanzone, noto anche come Giancane, voleva uccidere il suo rivale, l’infermiere Maurizio Fortino: questa la conclusione della motivazione depositata dal gip dopo la sentenza di rito abbreviato che ha portato alla a 16 anni anni di reclusione. La sera del 21 luglio scorso, l’omicida vide lo scooter dell’infermiere parcheggiato all’esterno del monolocale di via Origlia, dove viveva la sua ex compagna, e si precipitò con un preciso intento. Fortino si rifugiò in bagno, per sfuggire al suo contendente, ma Sanzone riuscì comunque a entrare. E proprio in bagno, come ricostruisce la sentenza del gip Luigi Levita, avvenne l’accoltellamento.
A differenza della tesi difensiva, che aveva indicato un luogo diverso riguardo ai colpi risultati fatali, parlando solo di casualità rispetto alla chiara volontà di aggredire mortalmente l’uomo, le indagini hanno confermato la condizione di evidente difficoltà della vittima, chiusa nel bagno e di fatto impossibilitata a difendersi; le indagini hanno rilevato anche l’assenza di qualunque traccia di colluttazione sul corpo di Sanzone-Giancane, che non trovò alcun ostacolo nell’accoltellamento di accoltellare Fortino, il quale subito dopo cercò aiuto, prima di recarsi da solo in ospedale dove sarebbe arrivato morto.
All’interno del bagno, come riporta l’informativa dei militari del Nucleo Radiomobile dei carabinieri, c’erano le tracce più evidenti di sangue. Nel resto dell’appartamento c’erano solo schizzi. Altra circostanza è la presenza della figlia piccola, all’interno dell’appartamento al momento dell’aggressione, che pur rifugiandosi sul soppalco spaventata all’ingresso in casa di Sanzone, sentì ogni cosa.
La sentenza ripercorre anche le dichiarazioni della donna, che spiegò precedenti inquietanti rispetto al comportamenti violenti del suo ex compagno. Sanzone, a volte, la minacciava e aggrediva, fino a picchiarla con la cintura; in altre circostanze, l’avrebbe terrorizzata con un coltello o mettendole le mani alla gola. Determinante è risultato il suo contributo rispetto alle modalità di svolgimento dell’omicidio, smentendo la ricostruzione dei fatti resa dall’imputato. Sanzone ha ottenuto uno sconto considerevole in sede di quantificazione della pena in seguito alla scelta del rito alternativo: da ventiquattro anni di reclusione è stata ridotta a sedici. L’imputato, condannato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi, dovrà risarcire 350mila euro complessivi alle parti civili costituite.
Giorgio Davide Sanzone, assistito dall’avvocato Luigi Fiore, ha beneficiato delle circostanze attenuanti generiche per la sua condizione di incensurato; una circostanza, questa, che però appare dubbia per via del cambio di nome, in quanto l’imputato era noto come Giancane. Da qui, l’equivoco rispetto alla ricerca di precedenti penali a suo carico. Ma la questione potrà essere chiarita in altre sedi di giudizio.
Alfonso T. Guerritore
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