IL CASO

Fuorni, celle disumane: Ministero condannato

La dottoressa Lucia Cammarota del Tribunale accoglie il ricorso di un detenuto e ordina il risarcimento per il trattamento subito

SALERNO. Chi ha sbagliato va punito e non umiliato. Questo il ragionamento, sostenuto da profonde motivazioni giuridiche, della dottoressa Lucia Cammarota del Tribunale di Salerno che, con un’ordinanza di trenta pagine, ha accolto il ricorso di risarcimento danni di un giovane ex detenuto del carcere di Fuorni per trattamento inumano, rigettando le eccezioni sollevate dall’Avvocatura dello Stato e condannando il Ministero della Giustizia. L’ordinanza è del 4 novembre scorso.

La storia è quella di un detenuto ristretto con altre otto persone in una cella di circa venti metri quadrati, con evidenti carenze di ogni tipo. «Chi ha sbagliato va punito, ma non umiliato: ogni detenuto deve vivere nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana - ha motivato nell’ordinanza la dottoressa Cammarota -. Chi ha commesso un reato, non per questo cessa di essere titolare dei diritti fondamentali, perché di fronte ai diritti inviolabili della persona tutti gli uomini sono uguali. E continuano ad esserlo anche da detenuti».

Il provvedimento costituisce la prima pronuncia di accoglimento in materia da parte del Tribunale di Salerno e si pone in linea con le massime di tutti i Tribunali d’Italia, che hanno già accolto tali richieste a causa del sovraffollamento carcerario. «La funzione deterrente contro il crimine è la certezza della pena - ha precisato nel provvedimento la dottoressa Cammarota - ma la detenzione, una volta applicata, non può contrastare con l’articolo 27 della Costituzione, che parla della funzione educativa del carcere, e con l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, che prevede che nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Nel caso specifico, dalla relazione agli atti della Casa circondariale di Salerno, emerge che il trattamento inumano c’è stato, pur se limitatamente ad alcuni periodi, di seguito precisamente indicati. Pertanto il ricorso deve essere accolto».

La decisione del Tribunale potrebbe apparire impopolare, in quanto non è facile comprendere per l’opinione pubblico che è giusto risarcire un detenuto, ma è proprio questo tipo di decisione che informa come il carcere dovrebbe essere adeguato ed umanizzato, altrimenti rischia di funzionare come un moltiplicatore dei fenomeni che dovrebbe risolvere.

Il ragionamento seguito dalla dottoressa Cammarota conferma la funzione rieducativa del carcere che dovrebbe reinserire nella società il “rieducato”, riducendo il livello di criminalità. Se il trattamento in stato di detenzione è inumano, il detenuto, più carico di risentimento e di rabbia, sarà pronto a delinquere di nuovo. Non a caso la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, pronunciata l’8 gennaio 2013, ha imposto all’Italia di prevedere una norma che consenta, a chi ha subito il trattamento disumano in carcere, di ottenere un risarcimento. Perciò, è entrata in vigore in Italia la legge 117/2014 che, recependo l’imposizione di Strasburgo, ha introdotto l’articolo 35 ter dell’ordinamento penitenziario, che è stato appunto applicato dalla dottoressa Lucia Cammarota del Tribunale di Salerno.