LA SENTENZA

Frana di Sarno, processo “lumaca”: «I danni vanno ricalcolati»

La Cassazione accoglie il ricorso di due genitori che persero il figlio di 8 anni

SARNO - Persero il proprio figlio, di solo 8 anni, durante l’alluvione: due coniugi sarnesi fanno causa al Ministro della Giustizia per l’irragionevole durata del processo ed ottengono una sentenza a favore dalla Corte di Cassazione. La vicenda è legata alla tragica alluvione del 5 maggio 1998. Quel giorno, insieme ad altre 136 vittime, perse la vita un bimbo di 8 anni. Quella sera di 24 anni fa, il piccolo si fece accompagnare dai genitori nella frazione di Episcopio, poiché voleva stare con gli zii e i nonni. Poche ore dopo, furono travolti da una valanga di fango e nessuno ne uscì vivo. Anni dopo dalla tragedia del Monte Saro, lo Stato, l’allora sindaco Gerardo Basile e il Comune di Sarno sono stati condannati in solido al risarcimento dei danni nei riguardi dei familiari delle vittime della frana. Tuttavia, il processo che ha portato al risarcimento per la morte del piccolo travolto dal fango ad Episcopio, ha avuto una “irragionevole durata” secondo i legali dei genitori.

Il contenzioso tra il Ministero della Giustizia e la coppia di sarnesi inizia quando, con un ricorso depositato dinanzi alla Corte d'Appello di Salerno il Dicastero si è opposto al decreto emesso dalla medesima Corte che aveva accolto la richiesta di condanna del Ministero della Giustizia all'equa riparazione per l'irragionevole durata di un procedimento penale e civile svoltosi in relazione all’evento franoso del 5 maggio 1998, in cui aveva perso la vita il bambino. In particolare, il procedimento penale si era concluso con sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 2013 e il successivo giudizio civile, finalizzato alla quantificazione del danno, si era concluso con sentenza del 2018. Con il decreto opposto la Corte salernitana aveva ingiunto al Ministero della Giustizia il pagamento, in favore di ciascuno degli esponenti, della somma di euro 4800 pari all’indennizzo nella misura minima per 12 anni di ritardo. Tuttavia, la stessa Corte d’Appello con decreto del 1 dicembre 2020, accoglieva l’opposizione del Ministero della giustizia e revocava il decreto opposto riducendo il risarcimento a soli 1280 euro per ciascuno dei genitori. A tal riguardo, la Corte ritenne l’opposizione fondata quanto alla durata del periodo processuale erroneamente imputato dal primo giudice, dovendosi lo stesso calcolare dalla data di costituzione di parte civile dei ricorrenti fino alla data di pubblicazione della sentenza che definiva il giudizio.

Secondo la magistratura salernitana la durata ragionevole complessiva del processo doveva calcolarsi in nove anni, tre anni per la celebrazione del giudizio di primo grado, due anni per quello di appello, un anno per il procedimento di Cassazione un anno per il procedimento di rinvio, un anno per il secondo procedimento di cassazione ed un anno per il procedimento civile. Contro questa decisione i due coniugi hanno avanzato un nuovo ricorso alla Corte di Cassazione. Quest’ultima, con ordinanza della Seconda sezione civile, ha accolto il primo e il secondo motivo di ricorso, rinviando alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che deciderà, nuovamente, sulla quantificazione del risarcimento che toccherà ai genitori del povero bambino scomparso a soli otto anni.