«Fornivamo droga a Petrosino-D’Auria»

Le dichiarazioni al processo Taurania di tre “pentiti” svelano i dettagli del giro di sostanze stupefacenti a Pagani

PAGANI. Francesco Raimo, Costantino Iacomino e Agostino Scarrone sono i tre collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni sono state depositate al processo di primo grado Taurania Revenge: acquisite in exremis su richiesta del pm Vincenzo Montemurro, che guida l’accusa al dibattimento, rappresentano elemento concorde sulle fonti di approvvigionamento della cocaina da parte del clan della Lamia, al centro dell’inchiesta che ricostruisce gli anni 2005-2009 a Pagani.

Nel periodo d’oro del cosiddetto “sistema”, il mercato della droga a Pagani, secondo le ricostruzioni della Dda, è nelle mani dell’organizzazione guidata dal boss Antonio Petrosino D’Auria. Alle parole del collaboratore Domenico Califano, ascoltato in aula nel corso del procedimento, dopo il dietro front dell’ex pentito Gerardo Baselice, si aggiungono ora quelle dei tre collaboratori del vesuviano, tutti e tre in rapporto con “Tonino” Petrosino.

Raimo, boss del clan Birra, inserisce “Tonino” tra i clienti della sua piazza di spaccio all’ingrosso. Senza farne direttamente il nome, cita la cosca di riferimento della Lamia. «Il nostro clan acquistava cocaina dal gruppo dei Lo Russo – spiega al pm Pierpaolo Filippelli della Procura Antimafia di Napoli – e la pagava 38/40 euro al grammo. Poi, a un prezzo di circa 47mila/48mila euro al chilo rifornivamo, tra gli altri, il clan D’Auria Petrosino di Pagani».

Il secondo collaboratore è il boss Costantino Iacomino alias “Capaianca”, autorevole capo della camorra di Ercolano, fautore dell’alleanza Birra-Iacomino, a loro volta in asse con i “Capitoni” Lo Russo. L’ex boss riferisce fatti precisi che rimandano al giovane capoclan Antonio Petrosino, parlando del nipote, killer per conto della sua organizzazione. «Mio nipote Pasquale Genovese è responsabile di un agguato nella zona di Pagani, compiuto nel 2000 ai danni di una persona che venne poi ferita a colpi di arma da fuoco mentre si trovava in un negozio assieme alla moglie. Di questa cosa me ne parlò direttamente lui, che aveva voluto fare un favore a un suo amico, che mi indicò Antonio Petrosino».

D’Auria e Genovese, in particolare, compaiono tra gli indagati di una stessa inchiesta della Dda di Salerno, riferita ad estorsioni ed episodi di camorra nell’Agro nocerino, datata 2005, con il particolare delle intercettazioni incomprensibili, ai fini dell’utilizzabilità, raccolte nella vettura di “Tonino”.

Il terzo pentito è Agostino Scarrone, 44 anni, killer dei Birra-Iacomino ora collaboratore di giustizia, anche lui a conoscenza dei rapporti con il clan Petrosino-D’Auria. «La stessa cosa abbiamo fatto con D’Auria Antonio di Pagani nel 2007 – spiega Scarrone parlando di compravendite – cui abbiamo consegnato in due distinte occasioni due chili di cocaina».

Alfonso T. Guerritore

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