la manifestazione

Fonderie Pisano, in città sfila la rabbia

I lavoratori tra fumogeni e cori si sono fermati dinanzi al tribunale. Il procuratore Lembo: «Basta aggressioni, noi seguiamo la legge»

SALERNO. Doveva essere una manifestazione che lasciasse il segno, per trasmettere a un’intera cittadinanza la propria disperazione. E così è stato. Il corteo dei lavoratori delle Fonderie Pisano, guidato dalla Cgil, ha attraversando con grande seguito le strade del centro per andare a manifestare contro l’istituzione che al momento pare essere diventata il nemico numero uno: la magistratura. Rea, secondo lavoratori, sindacati e dirigenza, di aver dato il decisivo colpo di grazia allo stabilimento senza averne permesso nemmeno una riapertura vincolata, quanto meno per salvare quelle commesse cruciali per tenere in vita l’azienda in vista di un processo di delocalizzazione.

Ben fornito di striscioni, bandiere rosse della Cgil e tanti cartelli in segno di protesta, il serpentone di operai, accompagnati dalle proprie famiglie, è partito intorno alle 9.30 dallo stabilimento in via dei Greci, scortato da digos, polizia e forestale per poi sostare per due volte davanti alle due entrate del Tribunale, prima di sciogliersi in piazza Portanova intorno le 12.30. «Perché non fate lavorare il mio papà?» è uno dei tanti cartelli presenti. È Raffaele Arienzo a indossarlo, padre di tre bambine e marito di Angela Petrone, la pasionaria delle fonderie che per un mese è rimasta incatenata ai cancelli della fabbrica. «Ho già passato questo inferno quando lavoravo per l’Ideal Clima – ha dichiarato Arienzo – Ripetere questa situazione a distanza di anni è un qualcosa di assurdo, per me come per la mia famiglia. Non ce la facciamo più». «Da salernitana mi sento demoralizzata perché lavoro non ce n’è – ha dichiarato la signora Petrone – È piena di luci, festante, ma qui non c’è nulla di più. Quando i salernitani saliranno su quella ruota, festanti, guardino alla zona industriale e vedranno che non ci è rimasto più niente. Siamo rimasti soli. Non possiamo vivere solo di solidarietà e di parole». Non solo lavoratori: in piazza San Francesco sono stati gli studenti degli istituti superiori Severi, Galilei e Virtuoso a unirsi alla marcia, mettendosi alla testa del corteo con i propri striscioni di solidarietà.

«Siamo qui perché vogliamo difendere il lavoro dei nostri genitori e il nostro futuro – ha sostenuto con rabbia il giovane Alessandro Ricco, figlio di uno degli operai e studente dell’istituto Galilei – Il mio futuro era quello di diventare un tecnico industriale elettronico, e stavo studiando per farlo nelle Pisano. Ma quel futuro me l’hanno tolto. A me come a molti altri ragazzi. Ecco perché oggi siamo qui».

Il momento davanti il Tribunale non è stato facile. Tra la nebbia provocata dai fumogeni granata, di cori e slogan contro la magistratura ne sono partiti diversi. «Ci fanno restare chiusi – commenta Francesca D’Elia, segretaria provinciale della Cgil – ma lo stesso giudice dice che i valori delle emissioni sono nei limiti».

Non sono state risparmiate parole grosse contro la Procura. Parole che hanno stizzito il procuratore capo Corrado Lembo, colui che ha dato nuovo impulso all’indagine sulle fonderie a fine 2015 e che ha poi emanato l’atto di sequestro preventivo d’urgenza lo scorso 24 giugno. «Capisco la rabbia, lo sconcerto, ma non condivido l’aggressione verbale ingiusta nei confronti di una magistratura che non ha fatto altro che il proprio dovere – replica Lembo ai cori di lavoratori e studenti – Ho un’idea molto precisa sui compiti della Procura. Non possiamo sostituirci all’attività amministrativa, che poi si riconduce all’esercizio dell’attività politica e delle scelte sul territorio da parte degli organi deputati al perseguire queste scelte. Obbligo fondamentale è quello del rispetto della legge. Noi non abbiamo padroni. Il nostro padrone assoluto è la legge e nessuno più».

E ancora: «Dobbiamo far sì che le procedure per il rilascio delle autorizzazioni e le verifiche siano conformi alla legge. Non abbiamo compiti sostitutivi dell’attività politica o amministrativa. Sono cose che sono state spiegate nel dettaglio ai diretti interessati e alle rappresentanze dei lavoratori con estrema precisione, andando anche al di là dei compiti previsti». Infine una stoccata: «Tutti i provvedimenti possono essere impugnati. In alcuni casi non sono stati impugnati proprio dai diretti interessati. Evidentemente è stato ritenuto non vi fossero i presupposti».