Fonderie, oggi vertice per la delocalizzazione

Una delegazione dell’azienda, dei sindacati e dei lavoratori al ministero Ci sarà anche l’agenzia Invitalia su cui la proprietà punta per un sostegno

SALERNO. Il caso delle Fonderie Pisano – lo stabilimento chiuso per una serie di pesanti violazioni ambientali – finisce a Roma, sul tavolo del ministero dello Sviluppo Economico che oggi alle 17 si prepara a ricevere una delegazione dell’opificio di via dei Greci, guidata da Ciro Pisano, gli esponenti della Fiom Cgil nazionale, regionale e provinciale e la Cgil salernitana, con una rappresentanza della Regione Campania e dei lavoratori. Un incontro sul quale puntano tutti, seppure con obiettivi completamente diversi.

Da un lato, i centocinquanta dipendenti delle Fonderie, pronti al tutto per tutto per scongiurare il rischio di ritrovarsi in strada, senza più un lavoro e con le famiglie da mantenere. Dall’altro la proprietà, che confida in primis in un dissequestro dell’impianto, disposto nei giorni scorsi dalla Procura della Repubblica e, in seconda battuta, nell’aiuto dell’agenzia Invitalia a cui i Pisano dovranno fornire garanzie tali da legittimare l’approvazione di un piano di investimento per delocalizzare l’azienda.

Sulla barricata, ci saranno, in quella che si prepara a essere una giornata cruciale per il futuro delle Fonderie, gli attivisti del comitato “Salute e vita”, guidati da Lorenzo Forte e quelli del Presidio permanente, con in testa Martina Marraffa. Non parteciperanno al vertice romano «per non esasperare gli animi – precisa Forte – Ci auguriamo che si vada in direzione di una delocalizzazione della fabbrica, perché siamo convinti che sia giusto garantire agli operai il proprio posto di lavoro, ma siamo altrettanto certi che l’impianto non potrà più essere riaperto nella sede storica di via Dei Greci, a Fratte. Ci sono stati diversi reati che hanno portato all’emissione di quindici avvisi di garanzia, comprese false certificazioni per ottenere autorizzazioni che non avrebbero potuto essere rilasciate. Dal nostro punto di vista è del tutto evidente che l’impianto non può riaprire e il suo trasferimento non può essere un escamotage per ritornare a Fratte. Abbiamo già pagato il conto e a un prezzo altissimo – incalza il rappresentante del comitato che da anni conduce la battaglia – Non consentiremo che si prendano ancora in giro i residenti e gli stessi lavoratori, ai quali, negli anni, non è stata offerta nessuna alternativa, perché non si è mai cercato seriamente un luogo sicuro dove farli trasferire, ammesso che ci sia realmente questa volontà da parte della proprietà».

Sul fatto che non debbano essere i dipendenti delle Fonderie a farne le spese sembrano tutti d’accordo, sia Forte che propone il ricorso agli ammortizzatori sociali nelle more che si arrivi a una definizione dei percorsi reali di delocalizzazione dell’industria, sia i componenti del Presidio permanente, che ieri sulla loro pagina Facebook hanno chiarito: «Sì alla salvaguardia dei posti di lavoro, ma la famiglia Pisano non deve ricevere un solo euro dallo Stato».

Di Fonderie Pisano si parlerà anche domani, in occasione dell’assemblea pubblica indetta dalla Cgil Salerno (alle 10 al centro sociale di via Vestuti, a Pastena). A confrontarsi sul tema del “Diritto al lavoro e diritto alla salute” su modelli di produzione industriale sostenibili, ci saranno, tra gli altri, Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania, Giso Amendola, docente di Sociologia all’Università di Salerno, Vincenzo Belgiorno, docente di Ingegneria sanitaria ambientale dell’ateneo salernitano e il segretario generale della Fiom Campania, Andrea Amendola. È atteso anche l’arrivo del segretario generale nazionale della Cgil Fiom, Maurizio Landini.(b.c.)

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