PUNTO DI VISTA

Fiume Sele, l'ultima vergogna dell'inerzia

Non risponde nessuno: telefonini che squillano a vuoto, telefonini che finiscono improvvisamente nelle zone d’ombra. Il silenzio ha la faccia della vergogna, e la vergogna quella dell’inerzia. Sono facce della stessa medaglia di un’Italia malata, incapace, al Sud particolarmente, di difendere il suo ambiente, il suo habitat e di conservarlo integro, per quanto è possibile, alle futuro generazioni. La storia degli sversamenti di letame degli allevamenti bufalini e dei residui della lavorazione dei caseifici della Piana del Sele non è nuova. L’ultima inchiesta della procura salernitana, condotta dall’allora procuratore aggiunto Erminio Rinaldi, è di 3 anni fa. In quell’estate fioccarono giustamente multe non troppo salate, processi non ancora definiti e sequestri di aziende, sia pure per poche ore. Naturalmente, come era giusto che fosse, con una serie di prescrizioni per le aziende: misure di abbattimento del possibile inquinamento da lavorazione dei prodotti. Tre anni dopo tutto torna come prima, perchè nessuno controlla, men che mai i sindaci dei Comuni più direttamente interessati al fiume Sele. Insieme a loro tutti gli organismi di controllo che sono bracci operativi della Regione, della Provincia, e di tutti gli organi investigativi. Ieri nessuno ha voluto parlare: il silenzio dell’inerzia che equivale alla vergogna. (*)