Favori al clan Marotta: Alfieri indagato

Il sindaco accusato di non aver acquisito tre appartamenti del gruppo criminale già confiscati per un tornaconto elettorale

AGROPOLI. «Siamo sereni e fiduciosi nell’operato della magistratura, sicuri che la vicenda sarà completamente chiarita e consapevoli di essere estranei ai fatti contestati»: queste le parole del sindaco Franco Alfieri che ieri, dopo una mattinata trascorsa a Palazzo di Città, poco dopo le 13, ha deciso di rilasciare, attraverso una breve nota stampa, una dichiarazione in merito all’avviso di conclusione di indagine che lo vede indagato insieme con i due funzionari dell’area patrimonio del Comune, Biagio Motta e Luisa Amatucci.

Omissione di atti, sottrazione di beni sottoposti a confisca con l’aggravante di aver favorito un sodalizio criminale: questi i reati contestati al primo cittadino e ai due dirigenti dal procuratore aggiunto Antonio Centore e dal pm dell’Antimafia Valleverdina Cassaniello. Il tutto finalizzato ad ottenere consensi elettorali.

I beni confiscati sono quelli della famiglia Marotta. Un’indagine avviata molti anni fa dalla Finanza di Agropoli, all’epoca diretta dal capitano (oggi maggiore a capo del Gico di Salerno) Salvatore Perrotta, che portò alla confisca di tre immobili alla famiglia agropolese.

Secondo l’accusa il sindaco Alfieri avrebbe omesso “di sollecitare i funzionari incaricati affinché provvedessero tempestivamente agli adempimenti necessari, al fine di dare concreta attuazione ai provvedimenti di destinazione degli immobili”, si legge nel capo di imputazione. I beni confiscati per legge devono essere destinati a fini sociali. Ad Alfieri viene contestato di non aver chiesto alla polizia municipale o altre forze dell’ordine «di accertare che fosse rispettata l’osservanza dei provvedimenti di sgombero degli immobili confiscati e consegnati al Comune, né provvedeva a convocare la giunta comunale al fine di deliberare la destinazione finale dei beni”. In buona sostanza, nonostante i tre appartamenti fossero stati interessati dalla confisca e il successivo sgombero sono stati rioccupati dalla famiglia Marotta senza che nessun adempimento fosse messo in atto, secondo quanto sostiene l’accusa, dal sindaco Alfieri per “ la corretta trascrizione degli immobili al registro dei beni indisponibili del Comune, tantomeno, unitamente ai funzionari, provvedeva all’attivazione o comunicazione agli organi politici o di polizia affinché venisse accertato il rispetto dei provvedimenti di sgombero”.

Secondo quelle che sono state le risultanze delle indagini, l’atteggiamento sarebbe stato finalizzato a “ favorire gli originari proprietari che continuavano indebitamente ad occuparli violando anche gli specifici obblighi di custodia degli immobili sottoposti a confisca antimafia”.

Un comportamento che all’organizzazione malavitosa, capeggiata da Vito Marotta, consentiva di amplificare il proprio potere di intimidazione sul territorio e “rafforzarne il prestigio ed elidere le pregiudizievoli conseguenze economiche dei provvedimenti di confisca”; e al sindaco Alfieri “di acquisire un consenso nell’ambito della numerosa comunità rom insediata sul territorio da lui amministrato, riuscendo ad ottenere un risultato che, altrimenti, non avrebbe potuto attingere». Fin qui le accuse: entro giorni Alfieri potrà chiedere di essere sentito dal pm o produrre memorie difensive. Quindi la parola tornerà alla Procura che potrà formulare, nel caso, la richiesta di rinvio a giudizio.

Angela Sabetta

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