Sciaccalli delle medicine

Farmaci rubati, scacco alla rete di Lambiase

Il cavese era il punto di riferimento per i furti e per la vendita all’estero. Eseguite 15 ordinanze cautelari, appurato un danno di tre milioni di euro

FERRARA. È a Ferrara il capolinea delle scorribande di un’organizzazione che ha fatto razzia di medicinali in lungo e in largo per l’Italia, derubando quasi sempre le farmacie degli ospedali. Un gruppo che operava sotto l’egida del clan camorristico Licciardi di Secondigliano e che aveva come punto di riferimento principale Eduardo Lambiase, cavese, già in passato finito nelle maglie della giustizia nell’ambito di inchieste sulla ricettazione di farmaci rubati. Era lui a gestire la batteria napoletana dei ladri che rubavano costosissimi medicinali speciali, soprattutto antitumorali, costosissimi, non in vendita nelle farmacie e che solo gli ospedali italiani possono somministrare ai pazienti oncologici. I capi di questo ramo dell’organizzazione erano padre e figlio, Vincenzo e Pasquale Alfano. Sempre Lambiase, invece, teneva i contatti con l’altra gamba su cui poggiava l’articolato sistema: si tratta di professionisti del settore farmaceutico, in particolare Settimio e Antonio Caprini, padre e figlio, farmacista e ingegnere di Pompei.

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La “rete” del cavese. Lambiase era la mente e aveva aperto società fittizie estere, in Est Europa, col compito di emettere documenti falsificati: così facendo rendeva originali i medicinali frutto delle razzie e coi documenti falsificati, erano i Caprini (titolari di licenza di esportazione) ad acquistare solo sulla “carta” le partite di farmaci antitumorali per poi rivenderli nel Nord Europa o all’Est Europa. Nei Paesi in cui i farmaci antitumorali – particolare fondamentale per capire il movente di questo traffico illegale – possono essere venduti direttamente in farmacia. E dunque le farmacie erano del tutto ignare di comprare farmaci rubati e scaduti. Come ignari erano i malati oncologici che credevano di assumere farmaci efficaci registrando però, nonostante le terapie in corso, recrudescenze delle malattie, fino a un punto di non ritorno

Le indagini. Nell’arco di due giorni, il 4 e il 6 marzo 2014, furono colpite le farmacie degli ospedali di Cento e Lagosanto. Due anni dopo, i ladri in azione nel Ferrarese sono stati scoperti e con loro tutta la organizzazione che gestiva questo traffico illegale e criminale. Un traffico che ha creato un danno al servizio sanitario nazionale di quasi tre milioni di euro (il valore dei farmaci rubati) come ha sottolineato il procuratore antimafia di Bologna, Giuseppe Amato, presentando l’inchiesta conclusa dai carabinieri di Ferrara con l’esecuzione di 15 arresti. Ma è ancora più grave il danno sociale che ha causato questo «fenomeno odioso» dei maxifurti di farmaci, ha aggiunto il procuratore, impedendo di fatto «ai malati di tumore di poter essere sottoposti alle cure dovute».

Le cifre del malaffare. I carabinieri di Ferrara erano partiti da quelle tracce dei furti ferraresi e in due anni di indagine hanno scoperto che la banda aveva messo a segno, solo nel 2014, tredici furti in farmacie ospedaliere, più altri sette colpi in altre strutture, individuando uno dopo l’altro tutti i componenti della banda: 16 di questi sono ora in carcere, uno ai domiciliari, un’altra ha obblighi di polizia giudiziaria, mentre due sono ricercati.

I reati contestati. Vengono contestati, a vario titolo, per la maggior parte di loro i reati di furto aggravato, associazione a delinquere con l'aggravante di aver agito per aver agevolato un clan camorristico (quello dei Licciardi di Secondigliano) e il traffico di farmaci scaduti, perché gli antitumorali rubati non venivano stoccati e trasportati nelle condizioni più adeguate (climatizzazione controllata) e così perdevano il loro effetto terapeutico. Non solo furti di farmaci antitumorali però (fascia H) anche quelli più comuni (fasce A e C), tranche di inchiesta ancora in corso in queste ore con perquisizioni in otto farmacie del Nord Italia. I carabinieri di Ferrara hanno dato un nome e un volto ai ladri: chi materialmente rubava, chi compiva i sopralluoghi per indicare dove e come colpire, chi li trasportava dopo i colpi nel Napoletano – doveva aveva sede la banda – chi li stoccava e poi li “ripuliva” per poi rimetterli sul mercato ufficiale, all’estero.

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