Falsa testimonianza, Rossi tace dal pm

Pagani, l’ex capo della polizia municipale si era contraddetto più volte durante il processo “Linea d’ombra”

PAGANI. Ha scelto di non rispondere all’interrogatorio sostenuto alla procura antimafia di Salerno l’ex comandante della polizia locale di Pagani Dino Rossi, indagato per falsa testimonianza aggravata dall’articolo 7 dopo la deposizione in aula al processo “Linea d’ombra”. Rossi, ora in forza alla procura di Nocera, si è presentato davanti al pm titolare dell’indagine Vincenzo Montemurro, assistito dal suo avvocato Carlo De Martino, scegliendo di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande del magistrato. L’ufficiale della polizia locale venne sottoposto all’esame come teste d’accusa per oltre tre ore nell’aprile 2012 dai pm Volpe e Montemurro davanti ai giudici del primo collegio, accumulando contestazioni dal pubblico ministero. I due verbali, quello delle indagini acquisito nel giugno 2011 e quello processuale dell’aprile successivo, sono entrambi agli atti del fascicolo d’inchiesta che porta il suo nome, con tutte le contraddizioni evidenziate a sostanziare le accuse. Molte delle risposte rese in aula da Rossi contraddicevano, ridimensionavano o confutavano quanto dichiarato in sede di sommarie informazioni nell’estate 2011, con una parziale marcia indietro che alla fine di quell’udienza comportò la richiesta di trasmissione atti da parte del magistrati d’accusa, arrivata alla conclusione delle indagini preliminari e poi all’interrogatorio di rito, concluso con un nulla di fatto per scelta dell’indagato.

Dopo l’avviso di conclusione, valido quale informazione di garanzia ufficiale, Rossi ha scelto il silenzio. La sua testimonianza, con l’aggravante del ruolo di pubblico ufficiale fu troppo diversa dal contenuto dei verbali investigativi della Dda. Rossi era stato in servizio al comando di Pagani dal dicembre 2007 fino al 20 aprile 2011,quando il suo rapporto con l’allora sindaco Gambino si incrinò al punto da concretizzare il trasferimento. In aula ridimensionò i controlli che aveva descritto come imposti dal primo cittadino, attribuendo il comando all’assessore Enrico Cascone. «Fu lui a dirmelo, non direttamente Gambino», riferì al tribunale. Rossi sminuì l’intento punitivo del sindaco, parlando di quel fatto come di una sua opinione, e confermò in parte il contenuto del verbale riguardo la posizione di Michele Petrosino D’Auria, spiegando che il figlio del boss Gioacchino si inseriva in maniera pesante nella gestione dei parcheggi, ma senza confermare i riferimenti al fratello Antonio. Montemurro richiamò più volte il teste ricordandogli di aver giurato, ma Rossi non confermò in vari punti quanto sottoscritto il verbale. Il racconto dell’appuntamento per le regionali 2010 al Palazzurro, dove Rossi era presente quale ufficiale, si sgonfiò, con gli abbracci dei politici che comprendevano sì anche Petrosino, ma per una prassi.

Alfonso T. Guerritore

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