Fallimento Iacp Futura, in 7 a processo 

Il gip ha rinviato a giudizio i componenti del Cda, tra cui l’ex consigliere provinciale D’Onofrio, e due imprenditori

Fallimento Iacp Futura, si va a processo. Prima udienza fissata a febbraio, dinanzi ai giudici della Prima sezione penale del tribunale di Salerno. Sul banco degli imputati, accusati a vario titolo di bancarotta fraudolenta, sono chiamati l’ex amministratore delegato Gaetano Chirico (difeso dall’avvocato Giovanni Annunziata), Massimo D’Onofrio (ex consigliere provinciale), Rosaria Chechile, Sabato Mottola e Giuseppe Fiorillo (tutti succedutisi nel consiglio d’amministrazione). La decisione è arrivata al termine dell’udienza preliminare svoltasi dinanzi al gup Giovanna Pacifico.
Per aver beneficiato delle condotte distrattive dei fondi della società Iacp sono stati rinviati a giudizio anche gli imprenditori Salvatore Marrazzo e Angela D’Angelo. Accolto, quindi, l’impianto accusatorio della Dda di Salerno, sostituto procuratore Vincenzo Montemurro. Per gli inquirenti Iacp Futura sarebbe stata portata al collasso da finanziamenti a prezzi stracciati a imprese “amiche”, compensi oltremisura agli amministratori, vendite sottocosto, elargizioni immotivate ai consorzi e regalie di vario genere. L’inchiesta parte da lontano, dalle indagini sugli intrecci tra politica e malaffare.
Nel corso delle attività investigativa, gli uomini della Dia di Salerno, guidati dal colonnello Giulio Pini, hanno ricostruito i rapporti tra consiglio d’amministrazione e soci, compresi quei passaggi economici che richiesero approfondimenti di indagini e la scoperta del buco milionario nelle casse della Iacp Futura. La tesi dell’accusa, accolta dal gip, addebita agli imputati condotte illecite che, nel corso degli anni, avrebbero portato alla crescita del buco finanziario fino a 11 milioni di euro. Il denaro sarebbe andato dissipato attraverso finanziamenti a prezzi stracciati ad imprese “amiche”, compensi elargiti oltre ogni misura agli amministratori, vendite sottocosto, elargizioni immotivate ai consorzi e regalie di vario genere, tutto documentato fino al buco concretizzato per la società dichiarata fallita nel mese di luglio del 2012. Le indagini hanno accertato che alcuni degli indagati avevano interessi diretti in aziende e consorzi beneficiari dei fondi della società deputata alla costruzione di alloggi per l’edilizia popolare.
Le carte processuali disegnano una gestione fin troppo allegra. Una situazione che ha portato con il tempo ad allargare il “buco nero”, svuotando le casse societarie e lasciando molti acquirenti a mani vuote. Per il giudice, quindi, è necessario il ricorso al processo dove esaminare le prove del crack finanziario. L’accusa potrà contare anche su alcune intercettazioni telefoniche a riprova degli intrecci tra vertici Iacp e imprese edili. Si prospetta un dibattimento molto tecnico dove decisivi saranno i consulenti delle parti.
Massimiliano Lanzotto
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