Ex acquedotto in piazza Garibaldi Scatta l’allarme amianto a Sarno

Preoccupazioni dei residenti del Borgo San Matteo per le condizioni della struttura fatiscente Qualche anno fa venne preparato un piano di recupero ma “saltò” tutto per mancanza di fondi

SARNO. Amianto nel cuore della città e, forse, anche della peggior specie, perché il materiale si trova in pessime condizioni. L’allarme viene lanciato dai residenti di San Matteo che, dall’alto, possono vedere meglio l’indecoroso spettacolo dell’ex acquedotto comunale di piazza Garibaldi. I sospetti riguardano una tettoia che copre una parte dell’edificio e le tubazione di scolo dell’acqua piovana, per altro, in qualche caso, anche staccate dal muro.

L’immobile è pubblico e ospitava gli uffici e un magazzino dell’ex acquedotto comunale, con la scritta che campeggia ancora sulla facciata. Viene utilizzato come deposito e archivio, dopo che la gestione del servizio idrico sul territorio è passata alla Gori. Da allora, le condizioni del palazzotto, posto proprio ai piedi dell’antico borgo, sono andate sempre più peggiorando, senza che il Comune mettesse mano almeno alle minime condizioni di manutenzione. È una immagine sepolcrale che domina una piazza anch’essa fatiscente che avrebbe bisogno di recupero urbano.

Per vedere il materiale che i residenti temono, bisogna mettersi di lato, nell’area di parcheggio, oppure salire per le scale. La cosa che più da’ nell’occhio è proprio il residuo di tubo per l’acqua appeso lungo la facciata laterale che, per giunta, minaccia di cadere. Poi, c’è una tettoia di copertura su parte del magazzino che è tipica delle edificazioni degli anni Sessanta, non rovinata, ma la cui composizione fa pensare proprio all’amianto.

In pieno centro, c’è, ormai, un rudere, la cui facciata anteriore viene usata, dallo stesso ente, per l’affissione abusiva dei manifesti, anche istituzionali, a completare l’opera di degrado. Come se non bastasse, l’immobile è anche abusivamente occupato da una famiglia di zingari che invase, pochi anni fa, l’appartamento soprastante, e lì vive senza versare un euro all’ente. Da Palazzo San Francesco non sembrano preoccuparsi più di tanto dell’occupazione abusiva, anzi, il Comune è talmente tollerante che la famiglia di zingari ha preso anche la residenza anagrafica nel casotto, senza che nessuno battesse ciglio. Ora, i residenti chiedono agli uffici comunali di verificare la fondatezza delle loro preoccupazioni rispetto alla presenza di amianto, proponendo una bonifica dei luoghi e, comunque, il recupero dell’intera struttura fatiscente.

Qualche anno fa, venne elaborato un piano di recupero dello stabile come centro di quartiere per gli abitanti dell’area e del vicino Borgo. Purtroppo, però, le buone intenzioni si sono arenate contro le condizioni delle casse dell’ente e il progetto è finito in un cassetto, mentre l’immobile peggiora ogni giorno di più.

Gaetano Ferrentino

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