AGROPOLI

Eternit abbandonato nel castello

La denuncia dell'associazione Camelot: «Mai smaltito materiale rimosso da una tettoia». La replica del sindaco Alfieri: «E' depositato in un'area interdetta ai visitatori. Già programmata un'azione di recupero e di messa in sicurezza»

«Quell' eternit fu censito nell'ambito del Progetto rimozione amianto di Legambiente che, nel 2012, firmò un protocollo d'intesa con il Comune di Agropoli ma non è stato mai rimosso». Lo assicura Consolato Natalino Caccamo, portavoce del locale Movimento 5 stelle, che interviene sulla vicenda, segnalata dall'associazione Camelot, relativa al deposito di eternit nel castello medievale di Agropoli, nei pressi della Piazza d'armi, accanto alla Sala dei francesi, nel "cuore" del maniero, cha ha suscitato un vespaio di polemiche. «Sono stato io - spiega - in qualità di ingegnere ambientale, titolare di un'azienda che effettua bonifiche di materiale in amianto, a censire quell'area nel periodo durante il quale il Comune e Legambiente firmarono il protocollo d'intesa».

Era il 29 settembre 2011 quando il Comune avviò, in collaborazione con il sodalizio ambientalista, una campagna di sostegno tesa a incentivare e sostenere i cittadini e le aziende interessati alla rimozione o alla messa in sicurezza dei manufatti con amianto. L'iniziativa durò sei mesi e prevedeva l'attivazione di un servizio di bonifica programmato con riduzione dei costi e semplificazione delle procedure amministrative. «La tettoia, ben visibile dal terrazzo del castello - sottolinea Caccamo - fu censita nel 2012 e inclusa in un elenco di circa 80 immobili da bonificare ad Agropoli, tra pubblici e privati. Di questi poi ne sono stati effettivamente bonificati - precisa - meno di venti. Eravamo in piena campagna elettorale per le amministrative. Poi, passate le elezioni, il progetto amianto fu abbandonato e mai più ripreso. La copertura - secondo l'esponente grillino - è crollata: si vedono i manufatti ridotti in briciole». Quindi, a suo avviso, «oltre alla mancata ricognizione iniziale, c'è stata negligenza nella gestione successiva. Riscontro una gravissima mancanza di chi ha eseguito quei lavori e da parte di coloro che avrebbero dovuto effettuare la supervisione. C'era altro amianto nel castello - sostiene Caccamo - che venne smaltito prima dei lavori di riqualificazione, poi il Comune ha cominciato ad operare nei locali, dove oggi c'è il deposito di amianto, durante il progetto di riqualificazione del castello e non ha provveduto alla bonifica dell' eternit per non interdire l'area. A maggio 2013 - prosegue ancora - la tettoia era integra, poi è stata rimossa abusivamente nell'estate dello stesso anno ed è lì ormai da circa due anni.

Parlo di lavori abusivi perché non risulta alcuna impresa autorizzata ad effettuare i lavori». Secondo Caccamo, «il Comune non poteva non sapere dell'esistenza di quell' eternit. L'intervento era stato inventariato da me stesso, che ho effettuato sopralluoghi insieme a Pasquale Del Duca, rappresentante locale di Legambiente, il quale indicò al Comune le bonifiche da effettuare». Caccamo quindi spiega la tempistica per la rimozione del materiale presente nel maniero. «Per bonificare l'area - spiega - è necessario chiudere l'accesso al castello per circa due mesi, a meno che non si chieda e si ottenga dall'Asl di poter attivare una procedura d'urgenza. L' eternit deve essere recuperato tramite una gru, non può essere trasportato attraverso l'area dove si trovava il ponte levatoio».

Infine, in merito alla segnalazione del deposito, l'architetto grillino chiarisce: «Il fatto era risaputo e l'associazione Camelot ha scoperto l'acqua calda». E chiarisce: «Non ho denunciato la situazione per evidente conflitto d'interesse con il lavoro che svolgo». Sulla vicenda è intervenuto anche Vincenzo Pepe, presidente nazionale di Fare Ambiente, che afferma: «Bisogna vedere se l'amianto depositato nel castello è polverizzato o in lastre. Nel primo caso il pericolo è molto più alto, ma comunque bisogna rimuoverlo subito. Perché l'amianto - precisa - ha una fibra che, se respirata, giunge nei polmoni comportando serie patologie. Si può cogliere l'occasione, sfruttando questa situazione - conclude l'esponente ambientalista - per fare una campagna di sensibilizzazione e prevenzione per rimuovere tettoie, serbatoi e grondaie in amianto ancora presenti massicciamente in città».

Alle accuse mosse dal protavoce grillino replica l'assessore al porto e demanio, Massimo La Porta: «Sicuramente non è stato riposto da noi l' eternit in quella stanza - afferma l'esponente dell'esecutivo guidato dal sindaco Franco Alfieri - Abbiamo fatto un investimento considerevole per acquisire il castello, figuriamoci se potevamo preoccuparci di spendere 3-4mila euro in più per smaltire 10-15 metri quadrati di eternit. A me non risulta - precisa La Porta - che abbiamo eseguito dei lavori a quella tettoia, perché è una zona del castello sulla quale non abbiamo fatto ancora alcun intervento. Abbiamo operato sì ma su un'altra area della struttura, quando abbiamo ripristinato la Piazza d'armi, laddove c'era una recinzione con un orticello e un bar, predisposti dal vecchio proprietario. Non abbiamo fatto invece alcun intervento su quella zona dove ora si trova il deposito di eternit, che sicuramente quindi è qualcosa di vecchio.

Io e gli altri componenti dell'amministrazione non eravamo a conoscenza di quel deposito. L' eternit in questione - rassicura - è in lastre, in buono stato di conservazione, non danneggiato e quindi non produce polveri. Non presenta uno stato di degrado tale da poter impensierire i cittadini. Nella stessa giornata di ieri, il funzionario responsabile del Comune - conclude l'esponente dell'amministrazione comunale - ha riferito di aver già contattato un'azienda autorizzata per pianificare, fin da oggi, l'intervento per la bonifica dell'area. Mi ha anche confermato che nella zona non abbiamo eseguito alcun tipo di lavoro e che nessuno si era accorto che, sotto il telo, ci fosse eternit». Il sindaco Franco Alfieri, dal canto suo, ha tenuto a precisare che non c'è alcun pericolo per la salute dei cittadini. «Il materiale in questione - ha affermato Alfieri - è depositato in una zona già interdetta al pubblico e, pertanto, non visitabile. È già stata programmata un'azione di recupero e riqualificazione, con relativa pulizia e messa in sicurezza, dell'area».