Estorsione per la vendita all’asta

Cercò di bloccare l’acquisto di un suo terreno: due anni a Carmine Amendola

Voleva bloccare la vendita all’asta di un suo terreno in località Aversana, e per questo non avrebbe esitato a minacciare l’imprenditore che se l’era aggiudicato, cercando di fargli rinunciare alla firma del rogito notarile. L’acquirente però non ha ceduto, e ieri il 55enne Carmine Amendola è stato condannato a una pena di 2 anni e 3 mesi per il reato di tentata estorsione.

La vicenda nasce da un’asta giudiziaria in cui era stato messo in vendita un terreno agricolo molto esteso, di proprietà di Amendola. Ad aggiudicarselo un imprenditore di Sarno, che per quell’appezzamento aveva offerto circa mezzo milione di euro. La sua proposta fu accolta e la sezione fallimentare avviò le pratiche per il rogito notarile. Per entrare in possesso del bene, all'imprenditore dell’Agro nocerino non restava che compiere l'ultimo passo: la firma dell’atto di acquisto. Per settimane, però, fu tempestato di telefonate: prima velate minacce con il “consiglio” a lasciar perdere l’affare; poi intimidazioni più eloquenti man mano che la procedura di acquisto si avviava vero la conclusione. Le indagini dei carabinieri di Battipaglia hanno ricostruito che Carmine Amendola ha tentato il “faccia a faccia” con l'imprenditore sarnese quando ha capito tutti gli altri tentativi erano andati a vuoto. Così ha concordato con lui un appuntamento a Montecorvino Pugliano, all’interno di un garage, e si è presentato all’incontro insieme ad altre due persone: i salernitani Antonio e Rosario Abate, che hanno già definito il processo in abbreviato. Era il luglio del 2014, e all’interno del garage i tre trivarono anche i carabinieri, che filmarono l’incontro e poi eseguirono gli arresti in flagranza di reato.

Da principio al 53enne di Battipaglia (difeso dall’avvocato Michele Sarno) fu contestata anche l’aggravante del metodo mafioso, perché secondo la Procura avrebbe cercato di raggiungere il suo intento facendo leva su conoscenze negli ambienti della criminalità organizzata salernitana. Nel corso del procedimento quell’aggravante è però venuta meno e il pubblico ministero ha chiesto una condanna a tre anni e mezzo di carcere, che i giudici della seconda sezione penale hanno ridotto ieri pomeriggio a due anni e tre mesi. (c.d.m.)

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