«Estorsione alla Pelplast» Chieste quattro condanne

Il gestore di una catena di supermercati e tre complici rischiano 21 mesi di pena Il racconto di Pellegrino: «Per paura mandai la mia famiglia via da Salerno»

Per il pubblico ministero Marco Colamonici non vi è alcun dubbio che l’imprenditore salernitano Rosario Pellegrino sia stato vittima di una tentata estorsione, sfumata solo perché il patron della fabbrica di materie plastiche Pelplast non ha ceduto alle minacce e ha sporto denuncia. Nelle requisitoria di lunedì pomeriggio è stata chiesta ai giudici della seconda sezione penale la condanna a un anno e nove mesi di tutti i quattro imputati: l’imprenditore napoletano Antonio Cristiano, che gestisce una catena di supermercati, e i presunti complici Antonio Musto, Gennaro Amura e Mariano Maglioccola, che nella sua azienda non rivestono alcun incarico ma avrebbero ricevuto da lui l’incarico di usare con Pellegino le maniere forti per convincerlo a pagare.

La vicenda trae origine da un rapporto commerciale tra le due ditte: la Pelplast, che produce tra l’altro sacchetti in plastica, e la rete di distribuzione partenopea, che di quelle buste aveva acquistato alcune partite. Secondo la difesa di Cristiano il materiale non sarebbe stato consegnato e da lì nascerebbe la pretesa creditoria, che la Procura qualifica invece come estorsione. Una tesi, quella del credito, che poco meno di un anno fa lo stesso Pellegrino ha provato a smontare in una drammatica deposizione resa al tribunale, in cui ha parlato di minacce, aggressioni, e di un clima di paura che lo avrebbe indotto ad allontanare da Salerno i suoi familiari per timore che potessero subire ritorsioni.

«Questi signori volevano da me quasi 80mila euro – ha raccontato ai giudici – e vi pare che un imprenditore qualsiasi paga in anticipo una cifra del genere senza aver avuto la merce? E per di più fa passare due anni senza fare nemmeno un decreto ingiuntivo? In realtà Cristiano ha solo tentato di giustificare le sue pretese, senza mai mostrare una documentazione contabile che potesse confermarle».

Nel corso dei vari contatti i due imprenditori non sarebbero mai scesi in dettagli contabili, tranne in una telefonata in cui il titolare della Pelplast avrebbe spiegato di poter riconoscere al massimo un debito di 19.800 euro.

All’ incontro fissato per esaminare gli atti finanziari nessuno, né creditori né debitori, avrebbe però portato documenti. «In realtà quelle persone sono venute più volte in azienda e hanno tentato di picchiarmi – ha spiegato Pellegrino – e dico tentato solo perché dare uno schiaffo non lo considero picchiare. Ho avuto paura, per me e per la mia famiglia». Quindi ha deciso di rivolgersi alla magistratura, e si è costituito parte civile tramite l’avvocato Roberto Lanzi. La sentenza è attesa per settembre.

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