Espropri per l’inceneritore La Provincia rivuole i soldi

Chiesta la restituzione di oltre 1 milione a uno dei proprietari dei terreni Secondo l’ente il sindaco ha sovrastimato il valore dei suoli. Indaga la Procura

Viaggia sul doppio binario dell’inchiesta penale e del procedimento civile e amministrativo l’ultimo caso che investe il progetto per la costruzione del termovalorizzatore di Salerno. Dopo aver inviato un esposto a Procura e Corte dei Conti, in cui si denuncia una sovrastima di oltre 4 milioni negli espropri dei suoli, la Provincia è pronta a chiedere ai proprietari dei terreni la restituzione delle somme in eccedenza già incassate. È un importo di 1 milione e146mila euro, parte dell’acconto che fu disposto per la proprietà Cioffi-Bottiglieri da un’ordinanza del settembre del 2009 firmata dall’allora commissario di governo Vicnenzo De Luca. Quando nel 2010 le competenze sul ciclo dei rifiuti sono passate alla Provincia, l’ente ha recepito gli atti ma ha riconteggiato le indennità verificando rilievi fotometrici e mappe catastali, e giungendo così alla conclusione che nei calcoli del commissariato i terreni erano valutati quasi 4 milioni e mezzo più del dovuto. La presunta anomalia riguarda tre appezzamenti per i quali commissario e proprietari firmarono nel 2008 i contratti preliminari di cessione volontaria, ma solo per quello più grande – i 117mila metri quadri del lotto Cioffi-Bottiglieri – fu anche versato un acconto dell’ottanta per cento, pari a 7 milioni e 968mila euro. Una cifra che è già più alta del nuovo corrispettivo conteggiato dalla Provincia, che si ferma a 6 milioni e 353mila euro. Palazzo Sant’Agostino chiede adesso la restituzione della differenza (con cui si potrebbero pagare altri espropriati), dopo avere annullato in autotutela sia il contratto che l’ordinanza di liquidazione dell’anticipo. I destinatari del provvedimento potranno ricorrere al Tar, ma intanto sulla vicenda si sono accesi i riflettori della Procura, che dopo la denuncia della Provincia ha aperto un fascicolo d’indagine. Nell’esposto, firmato dal presidente Antonio Iannone e dall’assessore all’ambiente Adriano Bellacosa, si profilano illeciti penali e contabili e si segnala una «significativa sopravvalutazione delle indennità espropriative, derivante sia dalla arbitraria definizione della destinazione d’uso dei suoli, sia dall’erronea valutazione di manufatti e specie arboree asseritamente presenti in sito». Sarebbero stati considerati come aree edificabili terreni su cui è invece vietato costruire, in quanto fasce di rispetto fluviale o strade carrabili a uso pubblico. E sarebbe stato garantito il risarcimento per un numero di piante da frutto di dieci volte superiore a quelle presenti, che gli uffici provinciali calcolano in sole 1980 a fronte delle 20mila indicate nel preliminare. Discrasie che nel totale raggiungono il valore i 4 milioni e 459mila euro, per quasi un quarto già versati. Un flusso di denaro su cui si posa adesso l’attenzione degli inquirenti, proprio mentre dal Governo si torna a spingere per la realizzazione dell’impianto ipotizzando la nomina di nuovi commissari ad acta per superare gli ostacoli burocratici e le liti tra gli enti.

A bloccare l’avvio dei lavori, dopo l’aggiudica dell’appalto fatta dalla Provincia, sono stati il contenzioso al Tar con la ditta precedente e con il Comune (che nel frattempo ha cambiato la destinazione urbanistica di parte dei suoli) ma anche la fumosità della documentazione antimafia sui vincitori giunta dalla Prefettura di Milano. L’allora presidente Cirielli sollecitò più volte un chiarimento sia al Governo che ai prefetti di Milano e Salerno, ma senza ottenere risposte.

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