Eripress: l’appello dei 50 lavoratori «Presidente, ci aiuti»

CICERALE. Disperatamente aggrappati a quel posto di lavoro che rischiano concretamente di perdere anche per quell’incomprensibile assenteismo delle istituzioni, sorde e lontanissime dal dramma che...

CICERALE. Disperatamente aggrappati a quel posto di lavoro che rischiano concretamente di perdere anche per quell’incomprensibile assenteismo delle istituzioni, sorde e lontanissime dal dramma che stanno vivendo i circa 50 dipendenti in cassa integrazione dell’Eripress nella maggiore area industriale cilentana.

Perché non è il dramma solo delle famiglie di Cicerale, ma anche di quel vasto comprensorio a margine del polo produttivo di Ogliastro, Agropoli, Giungano e Capaccio nel Cilento settentrionale che sta assistendo passivamente alla tormentato vicenda. Senza prospettiva alcuna l’incontro in Confindustria con i rappresentanti della proprietà, la multinazionale Prima di Frosinone, gli operai in cassa integrazione con scadenza ad agosto si sono ritrovati dinanzi ai cancelli dello stabilimento semidistrutto dall’incendio nello scorso maggio. Con le lacrime della disperazione hanno vergato una lettera per il presidente Maurizio Stirpe rammentandogli promesse ed impegni a suo tempo declamati e volti a garantire i livelli occupazionali nel plesso rilevato dalla Johnson Controls. Per i lavoratori che non si sono fatti prendere dalle sirene volte ad accorpare in Ciociaria i diversi comparti produttivi della multinazionale, è ormai dietro l’angolo un tutti a casa che porta dritto alla chiusura o alla cessione dello stabilimento. L’ipotesi, solo verbale, di essere parte integrante di un progetto di cessione concordata con un imprenditore della zona, non soddisfa né rassicura quasi nessuno perché i lavoratori si sentono «emarginati e svenduti per un semplice scambio commerciale in un’operazione per nulla affidabile». Eccoli, allora, rimarcare come «purtroppo la cronaca ci riporta ogni giorno notizie su persone che cercano di autodistruggersi poiché la mancanza di lavoro li svilisce e la società non fa nulla per porvi rimedio. Nel caso Eripress è l’imprenditore che in questo momento non tiene conto delle gravi difficoltà economiche nelle quali versiamo». «Speriamo - concludono i lavoratori - che il nostro appello disperato possa giungere direttamente al suo cuore per cambiare, laddove sia possibile, il nostro futuro».

Pietro Comite