Epidemia nel reparto dei neonati

Dodici i casi segnalati da gennaio a maggio nella terapia intensiva, poi chiusa. Batteri anche nel latte

BATTIPAGLIA. Da gennaio a maggio di quest’anno è stata registrata una grave epidemia all’interno dell’unità di terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Battipaglia che ha coinvolto dodici neonati. Un’epidemia, si apprende ora, causata dalla «diffusa contaminazione ambientale» e dalle «carenze strutturali, tecnologiche e organizzative» riscontrate all’interno dello struttura. Le analisi hanno consentito di isolare il batterio anche nel latte utilizzato per alimentare gli infanti.

A rivelarlo è la relazione conclusiva sull’indagine effettuata dalla struttura complessa di epidemiologia, a firma del direttore Maria Grazia Panico datata 13 luglio, inviata ai vertici della struttura ospedaliera. Gli ultimi casi si sono verificati nel maggio scorso, quando si è deciso di avviare una serie di interventi per «rilevare una eventuale sorgente ambientale e interrompere la trasmissione dell’infezione». Da quel momento la terapia intensiva neonatale è stata chiusa e i baby pazienti trasferiti, laddove possibile, al “Ruggi” di Salerno.

I dodici casi sott’esame – ricoverati nell’unità intensiva neonatale, quasi tutti nati prematuri – sono risultati infetti da enterocolite necrotizzante (detta Nec in campo medico), una patologia che colpisce i neonati, la cui tipica manifestazione è la necrosi intestinale e che ha un alto tasso di mortalità che arriva anche al 50 per cento.

L’epidemia di Nec verificatasi a Battipaglia è stata causata da un ceppo di Klebsiella pneumoniae. Il report del dipartimento di prevenzione dell’Asl, ha accertato che questo batterio, oltre che nei neonati, è stato isolato «anche dalla colture ambientali e da una confezione di latte già parzialmente utilizzata – si legge nella relazione – In particolare Klebsiella pneumoniae è stata isolata dai lavelli della stanza di terapia intensiva neonatale, della patologia neonatale, della stanza dedicata all’estrazione e raccolta del latte materno, dall’unità di aspirazione del lettino di rianimazione e dal tubo di erogazione dell’ossigeno a corredo di una termoculla». Per il direttore della struttura di epidemiologia, un «importante ruolo causale» dell’epidemia di enterocolite necrotizzante (definita «malattia devastante») è stato svolto «dalla diffusa contaminazione ambientale, favorita anche dalle carenze strutturali evidenziate all’inizio dell’epidemia, con trasmissione indiretta da paziente a paziente probabilmente tramite strumenti, dispositivi e attrezzature contaminate». Tra le altre raccomandazioni, si conclude nella nota, è fondamentale che la direzione sanitaria «attivi il comitato per le infezioni ospedaliere, che pur risulta formalmente istituito, per l’avvio di un sistema di sorveglianza permanente delle infezioni».

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