Enti salernitani, un buco di sei milioni

Università sotto accusa per contributi alle associazioni, incarichi ad esterni e transazioni. Nel mirino anche la Curia

Stipendi gonfiati, costosi macchinari acquistati e poi lasciati a prendere polvere, incarichi assegnati in modo irrituale. E denaro elargito con troppa nonchalance tra associazioni e professionisti che non avevano i titoli per rivestire incarichi accademici. Sfiora la cifra di sei milioni di euro - coinvolgendo anche istituzioni “blasonate” come la Diocesi e l’Università - il presunto danno erariale che secondo la Procura della Corte dei Conti è stato arrecato alle casse pubbliche. Ma il conto è destinato a crescere, visto che in molti degli atti di citazione emessi nel 2014, le somme non sono state ancora quantificate. Dei 135 provvedimenti regionali (per un buco di oltre 265 milioni di euro), quelli che riguardano il salernitano sono otto, si evince dalla relazione distribuita ieri a Napoli a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

A sorpresa, in lista, compare l’Università, con un presunto danno erariale che supera il milione e mezzo di euro. Dopo aver spulciato bilanci e delibere, i giudici hanno puntato il dito contro il conferimento di indebiti contribuiti ad associazioni e di incarichi professionali esterni a persone prive dei necessari requisiti culturali. L’indagine - che sembra piuttosto articolata - riguarda pure l’acquisizione, a titolo di locazione, di alcuni locali, per favorire la collocazione gratuita di Centri studi per la sperimentazione didattica e illecite mediazioni nella stipula di transazioni tra l’ateneo e la ditta esecutrice delle opere di realizzazione della mensa universitaria. Il rettore Tommasetti, ieri presente a Napoli, non ne sa nulla. Come il suo predecessore Raimondo Pasquino. Nè, da quanto si è appreso, sono giunte notifiche o inviti a dedurre sulle scrivanie dell’ufficio legale del campus. L’indagine potrebbe dunque essere molto recente, perchè figlia di una delle 7588 denunce inoltrate alla Corte da tutta la Campania solo nel corso del 2014.

Il caso più eclatante, in termini economici, è quello del Villaggio del fanciullo per bimbi poveri, per il quale è stato attivato il sequestro conservativo. Stando ai calcoli della Corte dei Conti, l’illecita distrazione di finanziamenti pubblici, transitati da un’opera di valenza sociale (la ristrutturazione della colonia San Giuseppe) ad una attività a fini di lucro (l’Angellara home, che non ha mai visto la luce), avrebbe prodotto un buco da quasi due milioni e mezzo. Di quel danno alle casse pubbliche - oggetto pure di una inchiesta della magistratura penale (domani è attesa la sentenza d’Appello, dopo la richiesta da parte del procuratore generale di assoluzione per tutti gli imputati, tra cui l’ex arcivescovo Gerardo Pierro) - si chiede conto e ragione alla Curia arcivescovile, che della colonia è proprietaria. Nella sua relazione, il procuratore regionale Tommaso Cottone, cita poi un altro caso emblematico, quello del Consorzio farmaceutico intercomunale (il danno accertato e contestato è di quasi due milioni e mezzo di euro), per via di una politica gestionale «diretta all’alimentazione costante e fittizia delle rimanenze di magazzino», anzichè al loro smaltimento o vendita. Anche in questo caso, i vertici del Cfi sono finiti sotto la lente di ingrandimento della magistratura penale, perchè sospettati di aver truccato il bilancio consuntivo del 2009.

Gli atti di citazione che riguardano il salernitano, sono stati poi indirizzati al Comune di Eboli, per un dipendente del settore Finanze che, negli anni scorsi, si era gonfiato lo stipendio; a quello di Pagani per il conferimento di un incarico di consulenza legale; a San Valentino Torio, dove un incarico di responsabile di settore tecnico avrebbe prodotto un buco da oltre 233mila euro; a Cava, per l’indebito utilizzo di fondi (per circa 86mila euro) assegnati ai singoli gruppi consiliari, e a Capaccio. Qui l’irrituale conferimento, da parte della precedente giunta, di diverse posizioni di staff per lo svolgimento di attività che avrebbero potuto essere espletate dai dipendenti, sarebbe costato alle casse pubbliche oltre 455mila euro. Fari puntati - ma qui la questione è più datata - pure sull’acquisto di costose apparecchiature accatastate nell’impianto di compostaggio di Giffoni, all’epoca del commissariamento per l’emergenza rifiuti.

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