L'inchiesta

Eboli, undici indagati per il fallimento della Multiservizi

Il pm Rotondo fa notificare gli avvisi di conclusione dell’inchiesta. Coinvolti l’ex sindaco Melchionda e gli amministratori

EBOLI. Il crac della Multiservizi travolge tutti, dai politici agli ex amministratori, ai funzionari comunali. A chi doveva controllare e non controllava, facendo così sprofondare la società partecipata del Comune nel buco nero di un fallimento da 4,7 milioni. Il pm Francesco Rotondo ha incaricato la Finanza di notificare 11 decreti di chiusura delle indagini a carico di altrettante persone, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta al falso, passando per il peculato. Tutti nomi noti del mondo politico e amministrativo della città. Partendo dall’ex sindaco Martino Melchionda, per poi passare agli amministratori della società (Gianfranco Masci, Vincenzo Caputo, Gennaro Rimoli, Sergio Antonini), i componenti del collegio sindacale (Donato Benedetto, Andrea Cantalupo, Ernesto Giordano), il dipendente comunale Damiano Bruno, il fratello di quest’ultimo, Cosimo, il ragioniere della società, Tonino Prescenzo.

Nella sostanza, secondo l’accusa, gli indagati, ognuno per la propria parte, avrebbero con le loro azioni fatto sprofondare la partecipata, alterato bilanci, nascosti debiti, affidati lavori a terzi senza alcuna gara, assunto persone in prossimità delle elezioni del 2010. Una mala gestio che alla fine avrebbe creato un buco milionario che, secondo l’accusa, poteva essere di minore entità se chi era demandato ai controlli – in questo caso il collegio sindacale – fin dal 2010, avesse segnalato «le gravi irregolarità contabili e documentali», le «consistenti perdite operative» e la «elevatissima esposizione tributaria»; tutti «segnali inequivocabili che le condotte realizzate avrebbero acuito lo stato di crisi e di insolvenza della fallita». Nella sostanza, secondo il pm, la Multiservizi fu tenuta in vita per cinque anni attraverso artifici contabili e di bilancio, occultando di fatto le poste negative. Un dato su tutti: nel 2010 il bilancio si chiuse con una perdita di esercizio di 719.646 euro, che determinò un capitale sociale negativo di 532.886 euro, «ampiamente sotto il minimo consentito» dalla normativa; malgrado ciò non fu convocata l’assemblea straordinaria per l’aumento di capitale nè si optò per la trasformazione della società. Si andò avanti comunque. La Multiservizi macinava debiti e prebende. Già, perché il pm sottolinea «il continuo ricorso all’affidamento a terzi deilavori, senza le previste procedure di evidenza pubblica, nè le preventiva autorizzazioni del Comune nella scelta delle imprese terze, determinando così irregolarità amministrative e contabili che comportavano il ritardato riconoscimento dei crediti da parte del Comune di Eboli», compromettendo così la situazione patrimoniale della Multiservizi, «tanto che le prestazioni eseguite da terzi su beni del Comune negli anni 2010, 2011 e 2012, venivano saldate solo nel 2015 dall’Ente pubblico». Un meccanismo infernale di spesa con prestazioni che spesso non erano nemmeno giustificate da fatture delle imprese esecutrici, con attestazioni di fine lavori mai protocollate. Da qui i contestati “disallineamenti” tra i conti tenuti dalla Multiservizi e quelli risultanti al Comune che derminavano alla fine il riconoscimento solo di parte dei crediti vantati dalla società.

In tutto questo operazioni inspiegabili per la stessa procura, come quella adottata nel 2010, a ridosso della campagna elettorale per le comunali quando, «nonostante l’evidente stato di crisi economico-finanziaria in cui versava la società», ci fu un’infornata di 56 nuove assunzioni, con costi dei salari e stipendi per 787mila euro, «senza che a tale aumento di assunzioni corrispondesse nel tempo un altrettanto aumento dei ricavi, ma al contrario tutto ciò acuiva lo stato di decozione della fallita, anche per gli anni successivi».

Accanto a questo anche le piccole ma non per questo gravi “furbate”, come quella dei corsi di formazione e riqualificazione professionale necessari secondo la normativa regionale per accedere al beneficio della cassa integrazione. Corsi fasulli, secondo l’accusa, che avrebbero portato ad una erogazione indebita di fondi per 260mila euro nel 2102 e 166mila nel 2013, quale contributo per la cassa integrazione guadagni dei lavoratori della Multiservizi.

Ora gli indagati hanno 20 giorni di tempo per presentare memorie o farsi interrogare. Poi il pm deciderà se chiedere il rinvio a giudizio oppure prosciogliere dalle accuse.

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