LA DENUNCIA

Eboli, «Mia madre abbandonata in ospedale»

Un avvocato scrive ai dirigenti del nosocomio elencando i disagi della pensionata. Accuse per l’indifferenza degli infermieri

EBOLI - Abbandonata in corsia a 90 anni. Senza la dovuta assistenza. Dopo l’intervento, il figlio ha elogiato i medici del nosocomio. Trascorsi alcuni giorni, però, sono iniziati i problemi in reparto. Così sia in qualità di figlio che di avvocato, l’uomo ha scritto al dirigente dell’ospedale, Mario Minervini , raccontando quanto stava capitando alla madre anziana e chiedendo ad infermieri ed operatori socio sanitari di svolgere il loro dovere con maggior dedizione. La pensionata che è riuscita a comunicare con la famiglia tramite il telefono, ha raccontato di essere «fortemente infreddolita, lasciata completamente sola, dolorante e di non aver ottenuto neppure una coperta».

Come se questo non bastasse pare che il campanello di emergenza, posto accanto ad ogni letto di degenza, sia stato disattivato o del tutto eliminato, cosicché la signora non ha potuto chiedere aiuto neppure in caso di un malore improvviso. Immobilizzata nel suo letto di ospedale, isolata e rimasta addirittura senza cibo. La mattina di capodanno, infatti, sul comodino accanto al letto è stata poggiata una tazza di latte per colazione, ma nessuno si è offerto di aiutarla per berlo. E siccome la signora non riesce a muoversi autonomamente dopo l’intervento subito è rimasta completamente digiuna. Una situazione assurda che ha indotto il figlio, non appena ne è venuto a conoscenza, a scrivere una lettera, via pec, ai dirigenti dell’ospedale, informando dell’accaduto non solo il primario del reparto, ma anche la direzione sanitaria. Nella pec si legge il profondo rammarico e lo sconcerto per un trattamento che giammai andrebbe riservato ad un paziente, soprattutto quando si tratta di una donna così avanti negli anni.

Dopo la mail certificata del legale nel reparto si è corso ai ripari. Ora la donna viene assistita doverosamente e controllata come previsto dai protocolli. Ma se la pensionata ricoverata non avesse avuto un figlio avvocato? Oppure se non avesse avuto parenti preoccupati delle sue condizioni? Minacciare denunce per ottenere ciò che è un diritto del paziente ed un preciso dovere di chi lavora in ospedale ed è deputato all’assistenza dei ricoverati è, come ha scritto il legale «assolutamente inaccettabile ». Soprattutto in un periodo in cui, a causa della pandemia, ai parenti è inibito l’accesso e non possono prendersi cura dei loro cari. C’è sicuramente da aggiungere che il personale infermieristico e sociosanitario carente e si trova in forte difficoltà. Eppure quanto denunciato da un figlio preoccupato non dovrebbe mai accadere.

Stefania Battista