LA STORIA

Eboli, investito in bicicletta: «La sua salma a casa»

Ousmane, bracciante 26enne del Mali, è morto il 14 agosto a Campolongo. Adesso parte la colletta per seppellirlo in patria

EBOLI - Era l’afosa vigilia dello scorso Ferragosto. Alle 19 di quel sabato maledetto, Ousmane Traorè, 26 anni, originario del Mali, è stato investito a Campolongo di Eboli, mentre tornava a casa alla fine di una settimana di lavoro nei campi. Quando le ambulanze sono arrivate, già non c’era più nulla da fare: il giovane è morto, riverso sul selciato insicuro e buio, terra delle ultime ore vita per tanti, soprattutto stranieri, che perdono la vita nell’indifferenza di tutti. O quasi. Di certo non dell’associazione “Frontiera Sud”, in trincea nella Piana del Sele per i diritti dei lavoratori migranti, che insieme all’associazione “Manden”, punto di riferimento della comunità maliana in Campania, ha rifiutato duramente che Ousmane rimanesse invisibile anche dopo la sua morte. «È stata fatta una denuncia per omicidio stradale ma i tempi della giustizia non sono compatibili con le esigenze di una comunità che sta piangendo un suo figlio», spiegano gli attivisti. Per questa ragione hanno attivato una raccolta fondi online per consentire il trasferimento della salma del ragazzo, ad oggi ferma nella sala mortuaria del “Maria Santissima Addolorata” di Eboli, lì dove si trova la sua famiglia.

«Non vogliamo che Ousmane venga seppellito in una tomba anonima, nel luogo che lo ha ucciso. Vogliamo invece chiariscono gli attivisti - che la sua famiglia abbia il diritto di vedere un figlio e un fratello morto a 26 anni. E vogliamo che chiunque legga il nostro appello possa conoscere la storia di Ousmane, la storia di un giovane uomo che non è morto per una fatalità ma per nutrire un sistema di sfruttamento». Ousmane era arrivato in Italia quattro anni fa, nel 2017, attraverso la rotta mediterranea, ed era stato mandato in un centro d’accoglienza nel cuore della Sardegna. Dopo anni di attesa l’agognato documento gli venne negato: la sua domanda di asilo è stata rigettata e in teoria avrebbe dovuto lasciare l’Italia e tornare in Mali, nazione segnata dalla povertà endemica e da conflitti. Terra dalla quale Ousmane era scappato. Non poteva tornarci: aveva proposto ricorso perché venisse riesaminata la sua domanda d’asilo, nella speranza che venisse accettata. Nel frattempo, però, avrebbe dovuto provvedere a sé stesso, e tentare di mandare qualcosa alla sua famiglia. Ousmane, allora, decise di lasciare la Sardegna, diventando un bracciante agricolo e vivendo nell'ombra.

«Era arrivato a Campolongo - raccontano gli attivisti di Frontiera Sud dove migliaia di migranti per 30 euro al giorno si svegliano alle 4 del mattino, escono dai loro ghetti e percorrono svariati chilometri per andare a coltivare e raccogliere la rucola e le insalate che troviamo imbustate nei supermercati di mezza Europa ». Le strade dissestate, le macchine che sfrecciano, le lunghe distanze e la mancanza di percorsi sicuri, spesso portano i braccianti ad affidarsi ai cosiddetti caporali per andare a lavoro. «Ousmane no. Lui si muoveva con la sua bicicletta per mantenere indipendenza e non piegarsi a un sistema che gli decurta la già misera paga quotidiana. E quella sua voglia di indipendenza - raccontano gli è stata fatale. Poco prima di arrivare a casa, in via Campolongo, a pochi metri da un ospedale senza pronto soccorso, Ousmane è stato travolto da un’auto che nemmeno lo aveva visto». Il bracciante immaginava, finalmente, di riposare dopo una giornata di lavoro massacrante nei campi sotto il sole che, in questi giorni, non ha lasciato scampo. «Ousmane dal suo arrivo in Italia è stato invisibile per il sistema d’accoglienza, è stato invisibile il suo lavoro, e invisibile è stata anche la sua morte» concludono gli attivisti. Per dare a Ousmane un ultimo riscatto bisogna raggiungere la cifra di 7.500 euro; lo score della raccolta su www.gofundme.com è a 207 euro.

Eleonora Tedesco
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