E de Magistris ottiene l’assoluzione in Appello

Il fatto non costituisce reato: così l’ex magistrato evita la sospensione da sindaco di Napoli

NAPOLI. Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e il tecnico informatico Gioacchino Genchi sono stati assolti dalla terza sezione penale della Corte di appello di Roma dall’accusa di abuso di ufficio, perché il fatto non costituisce reato, in relazione all’acquisizione illecita, avvenuta nel 2006 nell’ambito dell’inchiesta calabrese “Why not”, i tabulati telefonici di alcuni parlamentari senza la necessaria autorizzazione delle Camere di appartenenza. In primo grado, l’ex pm di Catanzaro e il suo consulente erano stati condannati a un anno e tre mesi di reclusione.

«Sono felice» è stato il commento di de Magistris, che era al teatro San Carlo per seguire un evento organizzato dall’istituto commercio estero. «Finalmente è stata fatta giustizia», ha detto ai suoi collaboratori. Il primo cittadino questa mattina terrà insieme ai suoi legali una conferenza stampa in sala giunta a Palazzo San Giacomo (ore 10.30). Il sostituto pg Pietro Catalani aveva chiesto l’assoluzione dei due imputati per due episodi di abuso d’ufficio (legati ai casi dei parlamentari Pisanu e Pittelli) e la dichiarazione di prescrizione, riferita agli altri sei episodi che avevano riguardato i politici Sandro Gozi, Romano Prodi, Clemente Mastella, Antonio Gentile, Domenico Minniti e Francesco Rutelli.

Ai giudici della terza Corte d’appello, presieduti da Ernesto Mineo, è bastata un’ora scarsa di camera di consiglio per chiudere la vicenda con una doppia assoluzione.

«Sono convinto di avere svolto il mio mestiere di magistrato nel pieno rispetto della costituzione e delle legge con l’obiettivo di cercare una verità difficile. Anche per questo la sentenza di condanna di primo grado mi ha procurato grande sofferenza». Ha concluso il sindaco di Napoli. Dal canto suo il difensore, l’avvocato Massimo Ciardullo, ha espresso «soddisfazione» per la decisione dei giudici aggiungendo che in primo grado era stato «condannato un pm che nell’esercizio della sua funzione aveva cercato di perseguire il primario esercizio della giustizia conducendo una indagine legittima». Una vicenda, questa, che rispedisce al mittente tutte le accuse che pure dopo la decisione della Corte costituzionale si erano susseguite in un clima di vera e propria “caccia alle streghe”. È il caso di Simone Furlan membro dell’ufficio di presidenza di Forza Italia che subito dopo la sentenza della Consulta aveva dichiarato: «La sentenza della Corte Costituzionale parla chiaro, pertanto vogliamo l’immediata sospensione per entrambi, vanno cacciati a calci nel sedere da un posto che occupano abusivamente».

©RIPRODUZIONE RISERVATA