Droga e voti, in 128 rischiano il processo

La Procura chiede il rinvio a giudizio anche dell’ex consigliere comunale Orlando Pastina e del figlio Paolo

In 128, tra cui l’ex consigliere comunale Orlando Pastina, rischiano il processo con l’accusa di aver preso parte a vario titolo a un’associazione camorristica che aveva monopolizzato lo spaccio di droga e puntava a condizionare anche l’economia legale contando proprio sull’appoggio dell’esponente politico. Dopo gli arresti dello scorso maggio, il sostituto procuratore Vincenzo Senatore ha confermato per intero l’impianto accusatorio e ha formulato per 128 degli iniziali 130 indagati una richiesta di rinvio a giudizio che il 9 febbraio sarà discussa davanti al giudice dell’udienza preliminare Donatella Mancini.

Le indagini hanno consentito di ricostruire una rete criminale legata a figure del vecchio clan Giffoni, che riusciva a piazzare ogni mese più di sessanta chili di sostanze stupefacenti, dall’hashish alla cocaina, e che aveva estromesso con pestaggi e attentati incendiari gli altri sodalizi che operavano sul territorio. Ma c’è anche altro: secondo gli inquirenti il gruppo messo in piedi da Lucia Noschese (figlia di Bruno e nipote di Biagio Giffoni) puntava ad accaparrarsi il controllo di alcune attività economiche e a condizionare, tramite l’appoggio di Orlando Pastina, l’amministrazione della città. Il figlio Paolo è stato individuato come uno dei capi del sodalizio, insieme a Pierpaolo Magliano e a Cosimo Podeia, che dopo aver subìto dai fornitori napoletani un attentato per ritardi nel pagamento della droga ha deciso di collaborare con la giustizia e ha rivelato gran parte di quanto si sa su gerarchie, interessi e metodi dell’organizzazione. Il progetto del gruppo, scrivono gli inquirenti, era quello di trasformarsi «in una holding della quale lo smercio di sostanze stupefacenti avrebbe rappresentanto unicamente un ramo d’azienda».

In questo contesto si inserisce pure l’accusa di aver condizionato le elezioni comunali del 2009 dirottando voti su Pastina. Il figlio Paolo è accusato di aver imposto il consenso facendo valere il suo peso criminale con minacce e schiaffi, pretendendo all’uscita dai seggi la foto della scheda elettorale votata. In cambio si sarebbe assicurato il sostegno del genitore per licenze e favoritismi in attività commerciali quali la vendita di fuochi d’artificio, settore in cui lui e i suoi amici pretendevano un ruolo egemone. Per questo sarebbe stata incendiata negli anni scorsi la bancarella di un concorrente e per questo sarebbero pure state fatte pressioni su agenti della polizia municipale che chiedevano il rispetto delle ordinanze comunali in tema di botti. Negli atti dell’indagine si addebita a Orlando Pastina di essere intervenuto «con condotte intimidatorie su altri pubblici ufficiali preposti all’osservanza della legge e delle prescrizioni imposte». Sarebbe stato inoltre al corrente delle attività illecite del figlio Paolo, e secondo gli investigatori lo avrebbe talora accompagnato a riscuotere il denaro frutto di spaccio. Accuse da cui l’ex consigliere, difeso dall’avvocato Raffaele Francese, proverà a difendersi in udienza preliminare. Nel collegio difensivo, tra gli altri, Stefania Pierro, Ivan Nigro, Pierluigi Spadafora, Luigi Capaldo.

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