«Dopo il mio appello sei mesi di silenzio» 

Rosario Marasco, invalido al cento per cento: «La sindaca? Da allora non l’ho più sentita né vista»

«La sindaca? Da allora non l’ho più vista né sentita». Il giorno di cui parla Rosario Marasco è il 25 agosto del 2017: è un afoso venerdì mattina di fine estate quando, attraverso le pagine del nostro quotidiano, un battipagliese di trentatré anni vince la timidezza e racconta la sua storia. Un giovane che pesa 48 chili, è alto 163 centimetri ed è invalido al cento per cento: a 6 anni il tumore di Wilms e il rene asportato; a 17, un cancro al cervello e uno al polmone uccidono la madre quarantaduenne; a 28, la neoplasia al colon, con l’asportazione dell’intestino crasso, la parete addominale lacerata e l’intestino tenue perforato.
Rosario è rimasto solo: il papà, devastato dal dolore, è finito in una comunità. E tutto ciò che è rimasto al giovane è uno staffordshire bull-terrier, le sacche per l’alimentazione parenterale che gli passa l’Asl, una pensione mensile da 700 euro e una piccola stanza nel rione Taverna, che tra bollette e canoni di fitto gli porta via quasi tutto. Quel poco che resta lo spende per andare al “Sant’Orsola” di Bologna, a volte pure due volte al mese, per sottoporsi a cure delicatissime.
Quel 25 agosto, Rosario aveva chiesto un altro appartamento, meno costoso: «Voglio pagarlo», chiarì. Tante promesse, poche mani tese: «Quando uscì l’articolo - ricorda - Cecilia Francese mi rimproverò, assicurandomi che avrebbe risolto il problema; poi non l’ho vista e non l’ho più sentita». Ne ha sentite tante, in compenso: «La gente crede che io abbia ricevuto aiuti, ma le uniche persone che sono state al mio fianco sono le volontarie di “Ujamaa Onlus” e quelle dell’associazione “Arcobaleno Marco Iagulli”».
Racconta storie che fanno rabbrividire: «Da quando la sindaca mi ha fatto delle promesse, tutti mi dicono che ho ricevuto qualcosa, ma non è vero». E la catena della solidarietà ha i suoi intoppi: «Qualche battipagliese ha lucrato su di me, raccogliendo soldi che non ho mai visto». Non vuole regali, Rosario: «Ho lasciato il mio nome all’ufficio per il collocamento mirato», dice. Un paradosso per uno come lui, inabile al lavoro da quel maledetto 2011. E non gli pesa l’obbligo di vedersi rinnovata ogni sei mesi un’autorizzazione, quella per la nutrizione parenterale, che gli spetterebbe di diritto, visto che è un ammalato cronico; la parte più dura è il giudizio della gente.(c. l.)
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