Don Marco Raimondo: «Cerchiamo di farli uscire dal “bronx” attraverso lo sport»

«Non diamo la Bibbia in mano a nessuno. Cerchiamo di avvicinarli con il gioco, di farli sentire parte di una squadra. L’obiettivo è recuperare tutti, allontanarli da tessuti sociali degradati e...

«Non diamo la Bibbia in mano a nessuno. Cerchiamo di avvicinarli con il gioco, di farli sentire parte di una squadra. L’obiettivo è recuperare tutti, allontanarli da tessuti sociali degradati e soprattutto dalla minaccia della droga». Meno di due mesi fa, don Marco Raimondo, giovane parroco di San Giovanni Battista di Cappelle, San Felice in Pastorano e Nostra Signora di Lourdes a

Matierno, aveva lanciato l’allarme. Perchè in alcuni quartieri della città, ci sono ragazzi giovanissimi che dell’autoghettizzazione hanno fatto la loro cifra identitaria. «Hanno dai 14 ai 20 anni, si comportano da bulli, non si fanno coinvolgere, anche se nei miei confronti sono stati sempre rispettosi. Temo molto per quelli che si stanno affacciando all’età adulta e che dagli adulti possono essere manipolati. Per questo, con volontari, animatori e catechisti, facciamo di tutto per cercare di farli sentire parte di un progetto – aveva spiegato il parroco – Organizziamo corsi sui sentimenti, partendo dal film di animazione “Inside out”, ed è importante parlare di “rabbia” a una platea di giovani, come dimostrare nel concreto la “misericordia”. E poi ci sono state le pizze, i tornei di play station, quelli di calcio balilla, i corsi di arti marziali. Adesso stiamo organizzando i giochi di primavera. L’obiettivo è coinvolgere tutti, compresi i “ragazzi del bronx”. Non è facile, ci vuole pazienza e la collaborazione di tutti». La parrocchia segue una trentina di giovani, dai 14 ai 28 anni: non fanno rumore, ma sono quelli in prima linea. «Poi c'è uno zoccolo duro, che si è chiuso nell’etichetta del bronx: usano un linguaggio in codice e vivono ai margini, senza farsi avvicinare».