il PARROCO

Don Flaviano attacca i politici «Non mi hanno mai ascoltato»

«Ci crediamo nell’accoglienza o non ci crediamo?». È questa l’unica domanda da porsi a proposito della questione migranti secondo Don Flaviano Calenda, parroco della parrocchia del SS. Corpo di...

«Ci crediamo nell’accoglienza o non ci crediamo?». È questa l’unica domanda da porsi a proposito della questione migranti secondo Don Flaviano Calenda, parroco della parrocchia del SS. Corpo di Cristo di Pagani e responsabile della Mensa di Tommaso. Quella di Don Flaviano è una delle poche voci dissonanti a Pagani rispetto alla posizione assunta dal sindaco Bottone sull’indisponibilità ad accogliere migranti in città.

Il no del primo cittadino al prefetto Melfi che ha ripresentato ai comuni salernitani la possibilità di dover accogliere dei migranti stranieri in ogni ambito è risuonato come una mancanza di volontà alle orecchie di Don Flaviano. «Ai politici capita spesso di parlare a vuoto, piuttosto che agire. Io stesso avevo fatto presente la mia disponibilità ad aiutare al sindaco nell’eventualità di un loro arrivo. Organizzare l’accoglienza sarebbe potuto essere un buon modo anche per mettere a lavoro tante professionalità di questa città. I migranti hanno bisogno di essere seguiti da figure professionali e le spese non sarebbero certo state a carico del comune».

A proposito della questione sicurezza in città Don Flaviano continua: «Le polemiche che si stanno costruendo sui migranti sono inutili. I delinquenti sono ovunque, così come la brava gente. È ingiusto addossare le colpe agli stranieri». L’invettiva del parroco si estende poi anche allo scarso interesse istituzionale verso la mensa dei poveri. Nata ormai da più di tre anni nei locali della fondazione Carminello ad Arco, offre un pasto ogni giorno a 50 persone. Tra essi molti stranieri, soprattutto indiani e marocchini, che frequentano abitualmente la struttura. «Noi facciamo sacrifici economici enormi per portare avanti la mensa. Ma sembra non importare minimamente tutto ciò all’amministrazione, per cui noi probabilmente non esistiamo».

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