Dolore e accuse alla messa per Stefano 

A Valva struggente lettera della cugina. Il padre: «Mattarella? Se mi chiama lui vado al Quirinale»

VALVA. Nella chiesa madre di San Giacomo apostolo a Valva, ieri è stato il giorno del dolore rinnovato per un’intera comunità: è stata infatti celebrata la messa in ricordo di Stefano Feniello, il ventottenne di Valva deceduto insieme ad altre 28 persone il 18 gennaio scorso sotto le macerie dell’hotel Rigopiano di Farindola, in Abruzzo. Tra i superstiti anche la fidanzata di Stefano, Francesca Bronzi.
Quella tragedia è una ferita ancora aperta sulla quale indaga la Procura di Pescara che ha iscritto nel registro degli indagati 29 persone per abuso edilizio, falso, omicidio plurimo e disastro colposo.
Ieri sera l’intera città si è riunita intorno al dolore e alla preghiera di papà Alessio e mamma Maria. Emozionanti le parole di Stefania Caranese, la cugina di Stefano: «Un anno fa il tempo si è fermato per te e per tutti noi - ha scritto in una lettera. - Ogni volta che ti penso cerco di ricordarmi la tua voce. Ho paura di scordarla. Ricordo il tuo viso che sorride, che mi parla e che mi fa ridere… Vorrei potermi svegliare da questo incubo. Chiedersi “perché” e non trovare risposte, è ingiusto, sbagliato. Tutto troppo doloroso. Vorrei riaverti indietro per ridarti a tutte le persone che ti vogliono bene… Vorrei darti il mio tempo, lo useresti meglio di me, eppure non posso. Eccomi qui allora, vivo con la forza che mi dai, con la forza che il ricordo del tuo sorriso mi infonde. Sarai sempre la mia forza e tutto ciò che ti appartiene rimane vivo per ricordarmi di essere felice e continuare a vivere come avresti fatto tu».
Ancora una volta dure le parole di Alessio Feniello: «A distanza di un anno, ieri mi ha telefonato la segreteria del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiedendomi di partecipare all’incontro al Quirinale della prossima settimana, con i parenti delle vittime. Non andrò da nessuna parte se non sarà Mattarella stesso a chiamarmi. Lo Stato ha ucciso mio figlio e le altre vittime, perché il presidente si ricorda solo ora, a distanza di un anno dalla tragedia, dei parenti delle vittime? Dov’è lo Stato quando dobbiamo affrontare le spese mediche per il danno che ci hanno provocato? Siamo stati lasciati soli. Mi sento un cadavere che cammina, ma combatterò fino alla fine per avere giustizia».
Mariateresa Conte
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