Dipendente comunale “inguaia” Aliberti 

Spuntano le dichiarazioni di un addetto dell’Ente: «L’ex sindaco era il medico di un’azienda coinvolta in presunti favori»

“L’ex sindaco Pasquale Aliberti è stato medico per la sicurezza sul lavoro di un’azienda coinvolta nei presunti favori ottenuti da Palazzo Mayer”. La conferma arriverebbe da un dipendente del Comune di Scafati che, sentito dagli uomini della Dia, avrebbe chiuso idealmente il cerchio sull’attività della Procura Antimafia di Salerno che sulla vicenda ha aperto un secondo fascicolo nell’ambito dell’operazione “Sarastra”.
Le dichiarazioni del dipendente sono finite nella relazione della Commissione d’accesso che, nel gennaio del 2017, ha decretato lo scioglimento del consiglio comunale di Scafati. Tutto, secondo il racconto del lavoratore, si sarebbe palesato dopo una richiesta presenta dai vertici de “L’Eternità”, società di onoranze funebri ritenuta vicina al clan Matrone, in Comune. In quelle carte sarebbe spuntato fuori il nome di Pasquale Aliberti che, chiamato in causa dal dipendente interrogato dalla Dia, avrebbe spiegato di non essere al corrente di nulla. Il giorno dopo però, sempre secondo quanto riferito dalla persona ascoltata dagli investigatori, in Municipio è arrivato l’atto ufficiale con cui i Matrone nominavano il dottore Nicola De Felice come medico competente per la propria azienda.
Così, dunque, tornano in ballo le onoranze funebri che, secondo la Procura Antimafia, avrebbero beneficiato della cartellonistica pubblicitaria per un gettito minimo di 50mila euro. Le indagini della Dia, che hanno contribuito in larga parte allo scioglimento del consiglio comunale, hanno riscontrato l’esistenza di un legame definito “inquietante” tra l’ex sindaco di Scafati con la società di proprietà della famiglia di Franchino Matrone alias ‘a belva. Infatti, il primo cittadino sarebbe stato fino a luglio del 2010 “il medico competente per la sicurezza sul lavoro proprio della società di onoranze funebri L’Eternità e avrebbe svolto fino al 2013 per una ditta gemella di Boscoreale collegabile alla famiglia Aquino”.
Dalle ditte finite nel mirino della magistratura risulta, nell’elenco dei dipendenti, il nome di Antonio Matrone detto Michele, figlio di Franchino, oltre la moglie del vecchio boss che figurerebbe come socia della ditta. Il tutto, pertanto, va a collegarsi con il secondo filone dell’inchiesta, aperto dopo le dichiarazioni di Giacomo Cacchione, ragioniere capo dell’Ente, al pm Vincenzo Montemurro. L’economo di Palazzo Mayer, infatti, all’Antimafia aveva spiegato di aver più volte sollecitato le due ditte di mettersi in regola, ma per tutta risposta ha ricevuto un invito di Giovanni Cozzolino, ex staffista del sindaco, che per conto di Aliberti “gli disse che quelle aziende erano vicine alla criminalità organizzata di Scafati e che pertanto ogni altra azione verso di loro lo avrebbero potuto esporre a spiacevoli conseguenze”. Un sistema che la Commissione definisce una “congrega di camorristi al servizio dell’allora sindaco Pasquale Aliberti o gente nel cui curriculum annovera una sfilza di reati”. Rapporti con la criminalità organizzata che, nella relazione che ha portato allo scioglimento, sarebbero datati almeno al 2009 quando in un capannone della società di trasporti di proprietà di Antonio “Michele” Matrone è stato ritrovato un totem pubblicitario riportante un manifesto elettorale dell’ex sindaco che all’epoca era candidato alle elezioni provinciali. “Alla Provincia con Aliberti perché dobbiamo contare di più”, recitava lo slogan che poi portò fortuna al politico.
Domenico Gramazio
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