«Dieci minuti al mese per chiamare casa» 

Lettera aperta di Luigi Iannaco, all’ergastolo a Spoleto. «Colloqui resi difficili, questa non è tortura?»

ANGRI. Sofferenza, difficoltà fisiche e psicologiche, tortura. È questo il quadro descritto da una lettera sottoscritta lo scorso 19 luglio dall’ergastolano Luigi Iannaco, ex capo dell’omonimo clan con il nome di ’O Zi’ Maisto, detenuto in regime di massima sicurezza al carcere di Spoleto. La lettera, vistata dalla censura prevista per legge e rigirata da una parente del detenuto, è un lungo racconto che denuncia e spiega in diciotto punti il calvario dietro le sbarre, senza risparmiare nulla. L’episodio più duro è un tentativo di suicidio, durante la permanenza in regime di isolamento al carcere di Novara.
«Rimango in questa area riservata per mesi - racconta Iannaco - il magistrato di sorveglianza mi dà ragione ordinando la mia rimozione ma il Dap temporeggia per mesi, fino a portarmi al punto di non ritorno. Un giorno lego la corda alle sbarre della finestra e mi salvano gli agenti di polizia penitenziaria. Qualcuno ha il coraggio di dire che questa non è tortura?». Il lungo testo affronta in diciotto punti l’estinzione del suo clan, imperante nei primi anni Duemila nel territorio tra Angri, Sant’Egidio e San Marzano sul Sarno. «Dal 2008 si asserisce che è estinto. Due collaboratori del 2010 e 2011 lo dicono a chiare lettere. Eppure sono ancora al 41 bis. Perché?».
L’attenzione punta sulle difficili condizioni quotidiane per i detenuti al 41bis, definito da Iannaco «anticostituzionale», ancora più inasprito dal decreto sicurezza del 2009 voluto dall’allora ministro Alfano. «Un padre può stare nel colloquio di un’ora solo dieci minuti senza vetro divisorio, e gli altri 50 con il vetro - scrive Iannaco - l’amministrazione concede il dolce di tenere il bambino per dieci minuti e poi l’amaro per il resto del colloquio. E questa non la chiamate tortura psicologica continuata». Ancora, l’ex boss parla di sanità: «La Costituzione sancisce che tutti devono avere accesso alla sanità pubblica. Ma non aveva previsto i tagli alla sanità penitenziaria, infatti ho da anni una patologia alla schiena ormai cronica».
Ancora, parla del garante. «C’è questa figura per i diritti dei detenuti, ma in questo istituto c’è una regola che viola tale diritto. Chiunque chieda un colloquio con il garante deve rinunciare al colloquio famiglia. Non è possibile protestare pacificamente, anche senza oltraggio, danni o violenza. Qui protestare ti fa essere sottoposto a consiglio disciplinare, con il rischio di 15 giorni d’isolamento e di non poter ricevere il pacco viveri. Non posso ascoltare musica con il lettore cd o mp3 perché c’è un problema di sicurezza. Che c’entra la sicurezza? È meglio tenermi 22 ore a spappolarmi il cervello fino a impazzire? Questa non è tortura?».
Iannaco parla dell’assurdo della telefonata mensile di dieci minuti ai familiari. «Si era fatto richiesta per svolgere la telefonata in commissariati, caserme o questure, al posto del carcere più vicino, come dice la regola. E la risposa è stata no, nonostante la distanza e i familiari anziani o malati».(a. t. g.)
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