FU UCCISO A VIETRI

Delitto di Raffaele Cesaranofissato l'appello per Solimeo

L'uno e il due luglio il dibattimento in corte d'assise d'appello. Il salernitano in primo grado fu condannato a 30 anni

E’ stato fissato per i prossimi 1 e 2 luglio il processo d’Appello nei confronti del 25enne salernitano Angelo Solimeo, condannato a 30 anni di carcere per aver partecipato all’assassinio di Raffaele Cesarano, il giovane di Pompei ammazzato la notte del 10 agosto di due anni fa nel parcheggio antistante la discoteca "La Ciurma" di Vietri sul Mare. La sentenza di primo grado fu emessa dal gup Di Florio al termine di un processo abbreviato.
Il giudice non concesse a Solimeo alcuna attenuante, se non quella prevista dal rito. Il pm Rocco Alfano aveva prospettato per il 25enne 20 anni e 6 mesi. Gli stessi legali dell’imputato - gli avvocati Silverio Sica e Marco Martello - avevano sottolineato l’apporto collaborativo del giovane che aveva svelato agli inquirenti alcuni retroscena del delitto. Il pm titolare dell’inchiesta, dal canto suo, nella sua requisitoria, aveva ripercorso le fasi dell’inchiesta ed i ruoli avuti dai diversi imputati coinvolti nel terribile fatto di sangue. Ed aveva giudicato comunque tardiva ma utile la confessione di Solimeo che aveva riconosciuto le proprie responsabilitá nel delitto e accusato gli altri co-indagati. Il gip condannò Solimeo a 30 anni, spiegando nelle sue motivazioni il perché di quella dura sentenza; tirando in ballo altre 4 persone (giovani che parteciparono alla rissa) ed un buttafuori della discoteca. In poco più di 30 pagine il giudice illustrò le fasi dell’aggressione patita da Cesarano e la successiva uccisione di quest’ultimo. Arrivando ad affermare che c’era una interdipendenza «tra l’aggressione svoltasi nel piazzale antistante la discoteca "La Ciurma"» e il susseguente omicidio del giovane di Pompei. «L’omicidio di Cesarano - scrisse il gup - costituiva infatti uno sviluppo logicamente e normalmente prevedibile rispetto alla massima violenza giá posta in atto attraverso il pestaggio e non era imputabile certamente all’intervento di circostanze eccezionali, atipiche ed imprevedibili, in nessun modo collegate al fatto criminoso iniziale. In questa ottica (...) assumono rilievo l’omogeneitá e la continuitá tra la condotta criminosa posta in essere dal "branco" e sorretta dal dolo e il reato ulteriore (l’omicidio, ndr) effettivamente realizzato da Raffaele Delle Chiaie (imputato in Assise), Angelo Solimeo, Ivan D. G. (ancora davanti ai Minori) e Luigi Orilia (la cui posizione è ancora sub iudice)».