il caso

De Luca un’ora dai pm: «Mai trattato sulle nomine»

L'ex sindaco di Salerno interrogato a Roma sul presunto scambio di favori con il giudice Scognamiglio ribadisce: «Sono parte lesa»

SALERNO. Poco più di un’ora, faccia a faccia con i magistrati romani che lo accusano di concorso in concussione e sospettano un grande imbroglio in cui le nomine nella sanità campana sono diventate merce di scambio per ottenere dal Tribunale di Napoli una pronuncia che almeno procrastinasse gli effetti della legge Severino e consentisse a lui, Vincenzo De Luca, di restare sulla poltrona di presidente della Regione. Ieri il “governatore” della Campania ha varcato la soglia del palazzo di giustizia di Roma per l’interrogatorio che lui stesso aveva sollecitato da ottobre, quando le perquisizioni disposte dagli inquirenti avevano fatto deflagrare la “bomba” dell’inchiesta. Ad ascoltarlo c’erano ieri pomeriggio entrambi i sostituti procuratori titolari del fascicolo, Giorgio Orano e Corrado Fasanelli, che secondo le indiscrezioni sarebbero pronti per arrivare in tempi brevi alla chiusura delle indagini. De Luca è arrivato accompagnato dagli avvocati Paolo Carbone e Andrea Castaldo, che non rilasciano dichiarazioni e mantengono sull’interrogatorio un rigido riserbo. Trapela che il presidente della Regione avrebbe confermato ai magistrati la tesi già esposta nella conferenza stampa convocata pochi giorni dopo le dimissioni del capo della segreteria Nello Mastursi, il primo ad essere travolto dallo scandalo. «Non ho mai avuto contatti con il giudice Anna Scognamiglio, non ho mai trattato la nomina del marito Guglielmo Manna né di altri» ha ribadito De Luca, continuando a sostenere la posizione secondo cui la Regione Campania, e lui stesso, sarebbero in questa vicenda non coprotagonisti ma parti lese.

Secondo i magistrati, invece, la sentenza con cui il 22 luglio dello scorso anno il Tribunale civile di Napoli salvò il “governatore” da una immediata sospensione dall’incarico sarebbe stata il frutto di un accordo. Uno scambio illecito che da un lato vedeva il giudice Anna Scognamiglio, relatore per la sentenza, e dall’altro il marito Guglielmo Manna, che da anni aspirava a un posto da dirigente nella sanità e non avrebbe esitato a offrire a Mastursi la sua disponibilità a condizionare le decisioni della consorte. In mezzo, una pletora di figure intermedie che avrebbe fatto da trait d’union tra l’avvocato Manna e lo staff della Regione: un infermiere del Santobono di Napoli, Giorgio Poziello; l’avvocato Gianfranco Brancaccio; l’avellinese Giuseppe Vetrano, candidato alle scorse regionali nella lista Campania Libera. Proprio su quest’ultimo avrebbe cercato di scaricare le responsabilità Mastursi, che dai magistrati romani è stato ascoltato pochi giorni fa in un interrogatorio durato circa tre ore. L’ex capo staff, già segretario organizzativo del Pd salernitano e voluto da De Luca nella segreteria regionale dei Democratici, avrebbe pure cercato di mantenere il suo leader fuori dal campo dell’inchiesta, sostenendo di non aver mai parlato con lui né di ipotetici incarichi a Manna né di una possibilità di fare pressioni sui giudici per sospendere l’applicazione della legge Severino.

Quella pronuncia fu davvero favorevole al “governatore”, e in attesa che l’inchiesta penale faccia il suo corso il Consiglio superiore della magistratura ha trasferito il giudice Scognamiglio ad altra sede. Adesso per De Luca il caso Severino è chiuso, spazzato via prima ancora di una decisione della Consulta dalla sentenza d’appello che lo ha assolto dal reato di abuso d’ufficio nell’iter per il termovalorizzatore, facendo venir meno così il presupposto per l’attuazione della normativa. I riflettori della Procura di Roma si sono però accesi, e potrebbero condurre a un nuovo processo.