De Luca torna in bilico Presidenza a rischio

Attesa la decisione del Tribunale di Napoli per la vicenda della sospensione ma un verdetto della Cassazione apre il varco a un conflitto di giurisdizione

SALERNO. L’attesa è spasmodica. E la tensione si taglia a fette. Soprattutto tra gli ambienti vicini a Vincenzo De Luca. Il suo entourage, infatti, in queste ore è nervosissimo. Si “spara” a vista e non si accettano contradditori. La posta in palio, d’altronde, è alta e anche a Salerno, nella segreteria del Pd, l’orecchio è teso. S’attendono notizie dal capoluogo di regione e fino ad allora tutte le attività sono congelate, per causa di forza maggiore. Ogni decisione è rimandata, persino la definizione delle alleanze in vista delle prossime comunali e gli assetti cittadini. Perché la sentenza della prima sezione del Tribunale di Napoli, chiamata ad esprimersi, in queste ore se non addirittura oggi, sul giudizio di merito contro l’applicazione della legge Severino, potrebbe sancire la fine dell’avventura napoletana dell’ex sindaco di Salerno. Oppure confermare e ribadire la sua elezione. E, in entrambi i casi, gli scenari muterebbero radicalmente.

Su De Luca, difatti, pende come una spada di Damocle il controricorso di un gruppo di ex consiglieri regionali del centrodestra e del “Movimento per i diritti del cittadino”, guidati dall’avvocato Gianluigi Pellegrino. Che è diventato un vero e proprio incubo per il presidente della Giunta regionale. Pellegrino, infatti, oramai segue, passo dopo passo, le orme di De Luca. E non si scoraggia per gli insuccessi, che anzi sembrano dargli ancora di più la carica. Così, adesso, chiede che il Tribunale, in virtù anche di una sentenza della Corte di Cassazione, si dichiari privo di giurisdizione. E che, quindi, in questo modo, riconosca anche la non competenza sulla sospensione degli effetti delle Legge Severino, che ha permesso a De Luca non solo d’insediarsi a Santa Lucia ma pure di nominare il suo vice (Fulvio Bonavitacola) e la Giunta.

Insomma l’avventura di De Luca a Napoli è davanti ad un bivio. A far tremare i polsi al governatore e ai suoi seguaci non è nemmeno la vicenda penale che vede coinvolto l’ex capo staff Nello Mastursi e, indirettamente, lo stesso De Luca, oltre al giudice Anna Scognamiglio e al marito Guglielmo Manna, che sono indagati dalla Procura di Roma di corruzione per induzione. Ma, soprattutto, la sentenza della Corte di Cassazione di un mese fa. Che ha sì rigettato il ricorso che chiedeva l’annullamento della sentenza con la quale la prima Sezione del Tribunale di Napoli aveva sospeso gli effetti della legge Severino. Ma ha lasciato, allo stesso tempo, non una spiraglio ma addirittura un portone aperto ad altre interpretazioni, tutte sfavorevoli a De Luca. E dunque, ad un accoglimento della richiesta. In pratica il primo presidente della Corte, Giorgio Santacroce, ha differenziato le vicende del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris e Vincenzo De Luca, che all’apparenza possono sembrare simili. Nella sentenza, difatti, ha evidenziato come le due vicende processuali “non siano sovrapponibili” in quanto la “disposizione che prevede la sospensione dalla carica di presidente del Consiglio regionale, rispetto a quella che prevede la sospensione dalla carica di sindaco” sono diversamente formulate. E questo in quanto “mentre l’articolo 11 comma 5 prevede che il prefetto provveda a notificare il provvedimento giudiziario che comporta la sospensione della carica (da sindaco ndr) agli organi che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina, l’articolo 8, comma 4, elevando il livello di coinvolgimento del potere esecutivo, quale responsabile dell’indirizzo politico generale nei provvedimenti che incidono, anche in via sanzionatoria, sulla permanenza degli organi di vertice della Regione, prevede che il presidente del Consiglio dei ministri, sentito il ministro per gli Affari regionali e il ministro dell’Interno, adotti il provvedimento che accerti la sospensione”.

E dunque, in quest’ultimo caso, potrebbe rientrare la fattispecie della competenza giurisdizionale che deve essere, come evidenzia la Corte “ritualmente proposto e quindi implica la verifica preliminare che un ammissibile ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione sia stato proposto”.

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