De Luca ironizza e avverte «Replicherò il 5 dicembre»

Il presidente tenta di sminuire il significato delle frasi contro Rosy Bindi e tira in ballo il “vai a morire ammazzato” di Verdone, Sordi e finanche Baglioni

SALERNO. Preferisce la poesia alla polemica. Ma promette che ci sarà una resa dei conti. Però non ora, ma soltanto dopo il referendum costituzionale. Perché al presidente della Regione, Vincenzo De Luca, non è andato giù che anche qualche carica istituzionale si sia unita al coro di dissensi per la sua “esternazione” nei confronti di Rosy Bindi. E, perciò, dalla tribuna settimanale di Lira Tv, annuncia vendetta. Intanto, però, il premier Matteo Renzi l’invita a “chiedere scusa”. Ma, allo stesso tempo, lo difende: «De Luca ha detto – chiarisce Renzi ospite a Otto e Mezzo – cose profondamente sbagliate ma non si può associare De Luca alla mafia. La frase su Bindi è indifendibile, ma lui è campione della lotta alla mafia e alla camorra nel suo territorio».

De Luca, nel frattempo, prima delle parole di Renzi, garantisce che passerà al contrattacco. «Il 5 dicembre - assicura – non mancherò di dire una mia parola caritatevole a chi ha espresso opinioni e pensieri profondi, come qualche carica istituzionale che ci ha illuminato d’immenso per profondità di pensiero». In attesa del chiarimento spazio alla poesia e alla canzone. «Diceva Oscar Wilde – evidenzia il presidente della Regione – che al mondo la cosa peggiore che possa capitare dopo quella di essere oggetto di chiacchiere è quella di non essere oggetto di alcuna chiacchiera». Perciò, per dimostrare come i termini da lui usati appartengano al lessico comune e non debbano essere demonizzati, De Luca tira in ballo Carlo Verdone, Alberto Sordi, Vittorio de Sica e Claudio Baglioni, «L’espressione vai a morire ammazzato – argomenta – che immaginavo fosse una espressione di folclore, abbiamo imparato che in realtà è una grave minaccia». «Voi pensavate a Baglioni – aggiunge – come ad un uomo romantico, perfino delicato che guardava le magliette trasparenti. Ha fatto una canzone dal titolo vai a morire ammazzato che noi non pensavamo fosse di carico ideologico, ma che il “camorrologo” di corte e di salotto definirebbe messaggio carico di violenza». A detta di De Luca, inoltre, che si autonomina pure “leader del partito dei disgustati” (guarda caso Pd ndr) questo trambusto mediatico farà guadagnare consensi al Sì. «Se qualcuno pensava – rimarca– d’inventare un episodio che potesse determinare sconquasso nel periodo referendario – e faccio fatica a pensare che sia tutto ingenuo – credo abbia portato voti al Sì».

Dal mondo politico, tuttavia, continuano ad arrivare parole di condanna. A partire dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. «Che esempio – si domanda Rossi – sta dando la politica? Ai giovani soprattutto. Penso alle parole pesanti che volano nel mio partito e a quelle indegne di De Luca. Attenzione le parole sono pietre». Disapprova anche Livia Turco. «De Luca – chiarisce l’ex ministro – con quelle inaudite parole contro Rosy Bindi, ha fatto carta straccia dell’articolo 54 della Costituzione. Vicende come questa non sono delle gaffe da sottovalutare. Sono espressione di un'’arroganza che fa molto male specie in questi tempi difficili, soprattutto da chi dovrebbe dare l’esempio». Si limita, infine, a definire “strabiliante” l’uscita di De Luca Pierluigi Bersani. «D’altronde in questo partito – conclude – ormai c'è un po’ di tutto».

Gaetano de Stefano

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