De Luca demolisce la Severino «Serve a proteggere la casta» 

L’intervento al corso internazionale organizzato dall’Università su abuso d’ufficio e amministrazioni «I funzionari hanno paura di mettere firme perché non vogliono rovinare la vita alle loro famiglie»

Critica la legge Severino «emblema del rigore che, invece, protegge la casta», definisce «demenziale» l’atteggiamento dello Stato nei confronti dei funzionali pubblici e bacchetta «l’inflazione legislativa che rende paludoso il percorso amministrativo e paralizza la vita del Paese». Il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, intervenuto al corso internazionale “Migliorare le performance della Pubblica amministrazione. Riscrivere l’abuso d’ufficio” organizzato dalle cattedre di diritto penale, striglia l’attuale classe politica, di cui anche lui fa parte. I suoi strali, tuttavia, sono diretti al Parlamento, in quanto «negli ultimi anni c’è stato un abbassamento della qualità delle leggi, anche da un punto di vista sintattico, a causa dei livelli di approssimazione e di analfabetismo di ritorno». Proprio per questo motivo De Luca auspica «la riconquista del principio di razionalità», in un dibattito politico che è «demenziale e finzione». Perché l’Italia è il Paese con «200 mila leggi – rincara la dose – e decine di migliaia di regolamenti, con un tasso di cambiamento vertiginoso».
Un’inflazione legislativa che non fa altro che mischiare le carte in tavola e rendere ancora più difficoltoso il lavoro dei funzionari pubblici. «Siamo l’Italia del far finta – evidenzia De Luca – in cui vengono approvate le leggi per combattere la corruzione e si produce il risultato opposto». Come nel caso dell’abuso d’ufficio, che determina, come rimarca il presiedente della Regione, «la paura della firma, in quanto i funzionari non intendono vedere rovinata la propria vita e quella della propria famiglia». Eppure la legge Bassanini, chiarisce De Luca «ha fatto un tentativo fallito di passare dall’amministrazione per atti a quella per risultati». Adesso il clima è completamente diverso e «senza fiducia – ammonisce l’ex sindaco – diventa impossibile gestire sia lo Stato che la Pubblica amministrazione». Dunque per il governatore è necessario rivedere e riscrivere il reato d’abuso d’ufficio, sennò «continuando di questo passo – preannuncia – nelle amministrazioni avremo o ladri oppure analfabeti, in quanto oggigiorno l’unico effetto che si è avuto è stato quello dell’aumento delle tangenti». Un discorso quest’ultimo non condiviso dal sostituto procuratore nazionale antimafia, Francesco Curcio, che ritiene l’attuale normativa «rigorosa e garantista». «Il vero problema – puntualizza il magistrato – è fare bene le indagini, senza limitarsi alla semplice violazione ma cercando di capire il perché si sia violata la legge e se ci siano interessi torbidi». Curcio porta ad esempio, per dare sostegno alla sua tesi, i dati relativi al 2016, anno in cui «i procedimenti penali per abuso d’ufficio sono stati, in tutt’Italia, solo 138». «Un numero irrisorio – sottolinea il sostituto procuratore – se si tiene conto delle migliaia di funzionari pubblici in servizio. E su 138 procedimenti per 29 è stata richiesta l’archiviazione e ci sono stati solo 4 rinvii a giudizio». Il corso, coordinato dal professore Andrea R. Castaldo, si concluderà oggi.
Gaetano de Stefano
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