SALERNO DA VIVERE

Dalla corte di Marchesi al Corso"Il cibo? Meglio se è quasi crudo"

Parla lo chef Marco De Luca che con Angela Taronna gestisce il ristorante "Ristoro degli angeli"

Scelta accurata e selezionata delle materie prime, cotture brevi e rivisitazione della cucina tradizionale. Questi sono i tre elementi principi della cucina di Marco De Luca, ventisette anni ed un’esperienza enorme maturata alla corte di Gualtiero Marchesi, Gianfranco Vissani e Bruno Barbiere. Dal luglio del 2007 è lo chef del ristorante "Il ristoro degli Angeli" di via Conforti a Salerno.
A dividere con lui questa esperienza Angela Taronna, sommelier dal 2005 con esperienze enogastronomiche maturate a Mosca e a Roma.
Quando parla di rivisitare la cucina tradizionale, cosa intende?
"Principalmente significa utilizzare prodotti locali come fagioli, broccoletti, carciofi, pomodori, mozzarella e fonderli con sapori provenienti da altri paesi. Le spezie ad esempio. Uso molto quelle indiane. Anche nella preparazione dei risotti spesso utilizzo del riso nero cinese e a questo abbino prodotti nostrani".
La rivisitazione è anche nelle cotture brevi?
"Certo! Sfatiamo questo mito che i cibi vanno cotti per ore come facevano le nostre nonne e le nostre madri. Non è assolutamente vero. La cottura distrugge le proprietà degli alimenti e ne riduce il sapore oltre a rendere le portate poco commestibili. Amo molto il crudo e soprattutto con il pesce uso una cottura rapidissima".
La cucina è cambiata molto negli anni. Qual è secondo lei un elemento di novità?
"Ci sono nuove tecniche nei tagli e nelle cotture. Io sono convinto che alcuni tagli particolari possono sostituire addirittura la cottura del prodotto. Ad esempio una seppia tagliata molto fina può essere mangiata anche cruda. Questo consente di evitare la cottura e conservare tutto il sapore originale. L’orientamento è quello di non alterare i sapori primari dei prodotti. Anche una zucca con un taglio particolare può essere servita quasi cruda".
Per una buona cucina, oltre alla preparazione dello chef, cosa è necessario?
"Certamente le nuove tecnologie hanno aiutato molto. Parlo di abbattitori di temperature, che rallentano la crescita della carica batterica piuttosto che il sottovuoto che consente di cuocere e conservare tutti gli aromi e evita l’uso eccessivo di condimento".
Tutto questo come si traduce in tavola?
"Evitare la monotonia. Nei mie piatti coesistono il caldo e il freddo, il morbido e il croccante, l’amaro e il dolce. Ogni porzione che porti alla bocca ti deve dare una sensazione diversa. Anche uno spaghetto al pomodoro, piatto semplice e complesso allo stesso tempo, a me piace servirlo accompagnato con un olio aromatizzato al basilico o all’aglio. Questo significa che quando lo mangi, senti gli sbalzi di sapore. Mi piace una cucina pensata nell’abbinamento dei prodotti ma gioco anche d’improvvisazione".
Oltre al sapore finale, anche l’aspetto conta? Come guarnisce le sue portate?
"La decorazione è importante ma senza tradire il gusto. Nei miei piatti tutto quello che è decorativo è commestibile. L’importante è che il piatto sia buono, poi se uno riesce a farlo anche bello, ben venga".
Una cucina contemporanea contro la tendenza più o meno diffusa di chi recupera le antiche "ricette della nonna". Come rispondono i salernitani a questi stimoli?
"Salerno ha una mentalità un po' chiusa. E’ vero che ognuno ha i suoi gusti ma la cosa importante quando si va in un ristorante è la capacità di scegliere quello che utilizza prodotti di prima qualità. Da noi si può non gradire il gusto di certe portate ma non sarà mai in discussione la freschezza del pesce piuttosto che delle verdure. Bisogna provare. Io amo molto preparare delle degustazioni e molti clienti rimangono entusiasti".
Anche nella scelta dei vini siete tradizionalisti? Quali cantine privilegiate?
"Preferiamo servire prodotti campani o del Sud in generale. E’ un modo per valorizzare le nostre cantine che sono tra le migliori".
Cambiando argomento. Quanto ha contribuito la formazione scolastica nel suo percorso lavorativo?
"Molto poco. Io sono contro la scuola alberghiera perchè la preparazione non è adeguata. Ci vorrebbe una maggiore professionalità dei docenti e un impegno maggiore dello Stato a dare uno sbocco ai ragazzi che si diplomano. Sarei invece dell’idea di lavorerei molto con i bambini ed insegnare loro, con l’aiuto di un nutrizionista, a mangiare bene".
Se lei non avesse fatto il cuoco, cosa le sarebbe piaciuto fare?
"Il pescatore. E non è escluso che il giorno che finirò di fare questo mestiere mi dedicherò alla pesca".