Dal giudice gli altri amici di Scarano

A Roma si completano gli interrogatori degli indagati e a Salerno è allarme tra chi ha fatto affari con il monsignore

Si dovrà aspettare la conclusione degli interrogatori prima che a Roma il giudice delle indagine preliminari decida se accogliere l’istanza di arresti domiciliari presentata dai legali di monsignor Nunzio Scarano. Dopo le affermazioni degli armatori Paolo e Cesare D’Amico – che hanno contraddetto il prelato negando che fossero i loro i venti milioni che aveva tentato di far rientrare dalla Svizzera – il gip ha avviato l’audizione degli altri indagati, tra cui il salernitano Giorgio Genovese, accusato di evasione fiscale, e quel Massimiliano Marcianò che nelle intercettazioni Scarano indica come persona di fiducia, al punto da suggerire all’agente segreto Giovanni Zito di consegnare a lui i venti milioni. Nelle conversazioni con Marcianò emergono con chiarezza i rapporti del sacerdote salernitano con i vertici dello Ior che le inchieste hanno obbligato alle dimissioni. È lui, infatti, che monsignor Scarano rassicura della disponibilità del vice duirettore Massimo Tulli: «Mettiti d'accordo con lui, lui aspetta la tua telefonata, io l’ho sentito qualche giorno fa, hai capito? Ha detto che tu lo chiami, ti metti d’accordo e vai lì, te li fai dare» dice al telefono, riferendosi secondo gli inquirenti a un prelievo di denaro in contanti.

Sui conti allo Ior vuole vederci chiaro la Procura di Salerno, che ha presentato una richiesta di rogatoria per avere accesso alle linee di credito intestate al prelato e provare così a capire da dove venivano quei 560mila euro in contanti che nel 2009 si fece cambiare in assegni circolari da 56 salernitani, ora tutti indagati per concorso in riciclaggio. Gli inquirenti sospettano che il giro sia molto più ampio e che quella venuta alla luce sia solo una delle operazioni condotta dal monsignore bancario. Non sarà un caso che da quando la notizia delle inchieste è divenuta pubblica decine di imprenditori e professionisti della “Salerno bene” sono andati in allarme, rivolgendosi agli avvocati per sapere cosa rischiano se i loro rapporti dovessero venire alla luce e come regolarsi in caso di un coinvolgimento nelle indagini. Fibrillazioni che sembrano confermare le intuizioni degli inquirenti, secondo cui un flusso di denaro sarebbe partito da Salerno verso la banca vaticana approfittando delle entrature del monsignore. Che lui avesse conoscenze negli ambienti politici e imprenditoriali della città è d’altronde cosa nota, adesso la Procura cerca conferme per capire se quei legami hanno dato origine anche a passaggi di denaro. Per questo si punta ai conti dello Ior con una rogatoria che la Procura di Roma, invece, non ha inoltrato.

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