Da Tsipras al fronte del No la svolta “radicale” di Galdi

L’ex sindaco di Cava de’ Tirreni è tra le punte della squadra “Provincia di tutti” «La mia intenzione è di lavorare a un soggetto unitario, aperto a più anime»

SALERNO. La crisi della Grecia nel 2011 lo ha per così dire folgorato. Marco Galdi, 52 anni, docente universitario, è stato per cinque anni (dal 2010 al 2015) sindaco di Cava de’ Tirreni eletto con forze di centrodestra (Pdl, Udc, Mpa) e alcune civiche. Due anni fa si è ricandidato sostenuto da Forza Italia e da alcune civiche, perdendo al ballottaggio con il candidato del Pd, Vincenzo Servalli. L’8 gennaio prossimo potrebbe diventare consigliere provinciale in una lista chiaramente di sinistra: “Provincia di tutti”. «Non mi voterò. E sinceramente non credo neanche che verrò eletto. La mia candidatura serviva a chiudere la lista». In realtà lui nell’aula del consiglio provinciale si è già seduto in qualità di direttore generale della Provincia di Salerno sotto la guida di Edmondo Cirielli (FdI), svolgendo anche le funzioni di sindaco della città metelliana.

Professore da destra alla sinistra “radicale”. Cosa è successo?

Tutto è nato nel 2011 quando da sindaco di Cava de’ Tirreni ho iniziato a seguire con grande attenzione le vicende greche decidendo di devolvere il mio stipendio alla Grecia che viveva un periodo di profonda crisi economica. Quello che è accaduto è stata la cartina di tornasole di quello che è poi successo in Italia e la crisi delle banche di queste ore confermano che quella intuizione fu fondata.

Possiamo dire che è un simpatizzante di Tsipras. L’ha votato alle Europee?

No perché non era ancora maturato questo percorso. Ma credo che si trovi a gestire una situazione estremamente difficile e lo sta facendo con intelligenza e capacità.

Cosa l’ha folgorato allora?

Dopo l’esperienza greca (è presidente della Società filellenica Italiana) sono stato uno dei dieci firmatari dei referendum presentati da Pippo Civati sull’Italicum e sul Jobs Act insieme ad altri amici, intellettuali e studiosi di Salerno. Quella è stata la prima occasione di confronto con il mondo della sinistra che si è intensificata un anno fa con il percorso che ci ha portato a sostenere le ragioni del No al referendum costituzionale.

Qual è il suo obiettivo?

Io non ho tessera di partito. La mia intenzione è verificare la nascita di questo soggetto e concorrere a farne un soggetto unitario, aperto a più anime. Che rappresenti la parte della società civile che soffre di più la crisi economica, quella media che in queste anni è stata tradita e umiliata.

Ce la si fa questa volta a tenere unita la sinistra?

Questa volta è in una fase molto avanzata. All’ultima assemblea dei comitati per il No anche il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, ha detto che è necessario. Ora ci rivediamo il 20 gennaio a Roma. Ci aspettano molti appuntamenti elettorali, a cominciare dalle Politiche. E c’è da lavorare per superare la soglia di sbarramento.

Se non dovesse andare così?

Vuol dire che non sarà la mia casa. È un percorso che faccio in piena libertà. Da civico.

Lei è consigliere comunale a Cava. Qual è la sua posizione in quel contesto?

Dal 2012 sono civico perché quando il Pdl si è scisso ho capito che era opportuno uscire in attesa di trovare una nuova collocazione politica. Io sono stato eletto con l’appoggio di Forza Italia e alcune liste civiche. Io stesso sono stato eletto in una lista civica e attualmente dialogo con due consiglieri eletti in un’altra civica che mi ha sostenuto. Ma siamo in una fase interlocutoria.

Ma la sta facendo la campagna elettorale per le provinciali?

Non per me ma per la lista.Per me è una campagna elettorale oltremodo anomala perché vengo da un percorso politico diverso e distante da quello della sinistra radicale e quindi i consiglieri che conosco sono tendenzialmente ispirati a diversi progetti politici. Il mio è un cambiamento radicale ma non trasformistico.

In che senso?

Sui temi etici, ad esempio, credo che i partiti debbano tenersi fuori, impegnandosi a costruire un progetto per una società che guardi alla ricostituzione della classe media e al superamento delle diseguaglianze. Mentre ai cittadini spetta il compito di decidere, attraverso strumenti di democrazia diretta come i referendum, su temi delicati come le unioni civili.

Ci fossero state le unioni civili quando lei era sindaco, cosa avrebbe fatto?

Mi sarei astenuto, avrei fatto un’obiezione di coscienza. Ma non ci sarebbero state discriminazioni.

Secondo lei, al di là di tutto, le Province servono ancora?

Sono stato direttore generale della Provincia di Salerno per alcuni anni e posso dire che si possono anche eliminare ma non si può fare lo stesso delle funzioni di area vasta. Ci sono competenze come l’edilizia scolastica e la manutenzione delle strade che non possono essere demandate né ai Comuni né alle Regioni. Tramontato il progetto di eliminarle dalla Costituzione, adesso il Governo avrà la responsabilità di finanziare adeguatamente le Province senza fare come negli ultimi anni quando si è cercato di farle morire tagliandole i fondi. Questo non deve succedere più.

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