Da Salerno a Salerno, il sogno di Finizio

Il designer vuole fondare «focolai di creatività» con l’aiuto di «Vincenzo il Magnifico». Ieri il meeting al Verdi, poi si vedrà

«Un lungomare dove si sente il profumo dei limoni», una città avvolta da «un serpentone di ceramica». È un sogno. D’autore, comunque, perché appartiene a Gino Finizio. Parliamo del famoso architetto designer, che ha avuto il tempo di nascere a Salerno «come uno scugnizzo» prima di andare «molto presto» a Napoli e poi spiccare il volo per Milano. In carriera, questo campano illustre ha lavorato per grandi industrie come Fiat, Ibm, Fincantieri eccetera eccetera, sempre intrecciando i canoni professionali con il marketing.

Alla soglia dei 72 anni, Finizio vuole tornare in riva al mare natio. Ieri ci ha rimesso un piede, accompagnato da quasi venti importanti addetti ai lavori - giornalisti, docenti, imprenditori, compreso Lapo Elkann - che hanno valutato e incoraggiato la sua idea: fare design in questa città. O meglio, in questo territorio, perché l’interessato e gli ospiti hanno fatto spesso riferimento alla ceramica, un prodotto rinomato per le produzioni di Vietri e della costiera. Del resto, molte di queste persone hanno conosciuto Salerno per qualche ora o l’hanno rivista dopo decenni, prima di ritrovarsi nel teatro Verdi a promuovere il Sogno.

«Veniamo - ha detto Finizio - perché Salerno ha il mare e gente intelligente. Il design è una grande opportunità. Siamo qui per i giovani». In effetti, ad ascoltarlo c’erano anche ragazzi e ragazze, provenienti dal liceo artistico (dove c’è un indirizzo di studi) e da Aversa (design industriale è un corso della Seconda Università di Napoli). Ora, però, nessuno corra a presentare domanda. Dopo il “lancio” di ieri, sarà necessario definire un progetto. Tutto da inventare. Ci sarà una scuola, un’istituzione?

Finizio - a precisa domanda del cronista - dice che l’istituzione c’è già: il Comune. Sicuramente, precisa, «bisogna dare continuità a questa iniziativa e fare in modo che la creatività venga espressa per cavalcare le vie del mondo». Bello, ma come? «Creeremo focolai di creatività e di produzione, luoghi dove si può progettare. Vogliamo creare una città del design collegata con una città industriale come Milano». Però, avverte il Maestro, «design non è prodotto solo industriale, ma un prodotto finito di varie specie. È l’equilibratura del bello e del brutto, del pacchiano e dell’elegante. Le città sono scatole di vetro come prodotto, luoghi di servizi che possono vivere con l’uomo». Del resto, ammicca Finizio, qui «si trova un’elasticità altrove sconosciuta» e «Vincenzo il Magnifico ci aiuterà».

Chi è il deus ex machina? Ovvio, il sindaco Vincenzo De Luca. Al Verdi, l’ex sottosegretario ha annunciato l’avvio di «una stagione di dibattito sul design e sulla trasformazione urbana. Vorremmo arrivare a costituire una scuola di design. Vorremmo costituire un festival dell’architettura e della trasformazione urbana».

Maria Gabriella Alfano, presidente dell’Ordine degli architetti, organismo organizzatore dell’evento con il Comune, immagina una cosa diversa: «Potremmo organizzare un laboratorio, collegato con i grandi centri italiani ed europei, per il design del futuro e per la produzione di oggetti in grado di soddisfare i bisogni delle persone».

Altri hanno proposto il turismo, le summer school, il restauro, perfino gli «accostamenti cromatici della cattedrale». Finizio ha dato uno spunto implicito quando ha fatto un bel riferimento alla Grecia: «Non è fallita con le sue banche, può ancora dare vitalità a tutto il mondo», perché design è «un processo forte che ha bisogno di cultura del passato, sguardo sulla contemporaneità e visione del futuro». (al. sch.)

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