«Da Gambino un “regalo” di 50 milioni»

I verbali dell’ex boss Contaldo sull’intreccio tra politica e camorra a Pagani. «Nel ’97 chiese il mio appoggio politico»

PAGANI. Aveva mire politiche il capoclan Sandro Contaldo, il boss pentito che sta svelando i rapporti criminali a Pagani. Nemico giurato del clan della Lamia, mentore dell’inafferrabile Nicola Fiore “Pallino”, rivale storico di Antonio Petrosino D’Auria, il boss ribattezzato “o’pazz” è stato per anni il capo di una banda sanguinaria e temuta, insieme a Francesco Annunziata, alias “Nellino o’megalomen”.

Il suo racconto alla Dda - con l’intenzione, poi abbandonata, di attentare alla vita dell’allora sindaco Alberico Gambino - è zeppo di dettagli ritenuti interessanti dagli inquirenti. “A Gambino contesto il fatto che era diventato sodale del clan D’Auria – spiega l’ex boss delle palazzine – grazie ai quali era stato eletto e li aveva aiutati a diventare forti economicamente e criminalmente. Gambino si sarebbe salvato se fosse passato dalla mia parte”.

Contaldo racconta di un episodio che se verificato renderebbe l’idea della stratificazione camorristica nella città alla fine degli anni 90. “Nel 1997 Gambino venne a casa mia, in via De Gasperi, e mi portò 50 milioni come regalo del padre. Gli dissi che il padre non pagava l’estorsione ma versava una percentuale sulle sue attività illecite, come il rilascio di patenti senza esame, o con esami truccati, come nel mio caso”. In quella stessa circostanza, come riferisce Contaldo, si parlò anche di politica. “Gambino mi disse che stava per scendere in politica e chiese il mio appoggio, presisandomi che se fosse diventato qualcuno mi avrebbe favorito e fatto anche i miei interessi. Io lo sottavalutai, anche se gli dissi che se fosse diventato qualcuno, avrebbe comunque dovuto scendere a patti con me”.

La guerra con la Lamia, in particolare, torna nella descrizione del suo rapporto con Fiore. “Nicola Fiore mi disse che se fosse riuscito ad uccidere i D’Auria Petrosino dopo avrebbe mirato a Gambino, qualora questi non avesse passato a lui gli affari che prima svolgeva con i D’Auria. Ciò vi fa comprendere il ruolo importante assunto dal Gambino nel clan paganese”. L’agguato contro i Petrosino D’auria ci fu, ma non andò a segno. Era il novembre 2003 e un commando si appostò in via Tortora, nei pressi del passaggio a livello, per uccidere D’Auria. In auto c’erano Gioacchino Petrosino, alias “Spara spara”, e il figlio Antonio, che fuggì rendendosi irreperibile.

Secondo successive investigazioni, confermate anche da diverse sentenze, quella spedizione come obiettivo proprio “Tonino”; allora giovanissimo, già a capo di un sistema per lo spaccio di droga, con una schiera di giovani del quartiere Lamia che seguivano i suoi comandi. Fiore ebbe il ruolo di mandante, con la batteria composta da Giuseppe Bombardino, dai killer Massimo Ucciero e Antonio Di Fraia, del clan Tavoletta, ala minoritaria dei Casalesi; base logistica un fabbricato messo a disposizione dal collaboratore del clan Tempesta, l’angrese Pietro Selvino.

Alfonso T. Guerritore

©RIPRODUZIONE RISERVATA