LA RICERCA

Da Al Qaeda al Daesh: «Il terrorismo è donna»

La 28enne Esther Forlenza ha esaminato le componenti femminili della jihad

Secondo Laura Sjoberg, docente di scienze politiche dell’University della Florida, parlare di donne e terrorismo crea ancora disagio, nonostante dagli anni di piombo all’Isis, il numero sia in continua crescita. «Al termine donna – ha spiegato in una recente intervista – siamo abituati ad associare parole come maternità, cooperazione, cura, pace. Ma si tratta di stereotipi». Stereotipi che Esther Forlenza, 28enne ebolitana, ha scardinato attraverso una ricerca scientifica, diventata oggetto della sua tesi di laurea, dal titolo “La donna nel terrorismo islamico: storie, ruoli, dati e analisi”. Neodottoressa in Politiche per la sicurezza (Università cattolica di Milano), il corso di laurea nato al seguito della creazione dell’accreditato centro ricerche Transcrime diretto da Ugo Ernesto Savona , Forlenza ha condotto uno studio qualitativo su un campione di 176 donne, per comprendere quali sono i ruoli rivestiti e se vi sono differenze tra quelle associate ad Al Qaeda e al Daesh. L’analisi è frutto di uno stage extracurriculare presso Itstime, la struttura nata per occuparsi principalmente di terrorismo.

Com’è nato questo lavoro di ricerca? Mi sono resa conto che c’era una lacuna e che non era stato approfondito il ruolo delle donne nell’ambito dei sistemi terroristici. Così, servendomi della stampa nazionale e internazionale, ho analizzato le storie di 176 donne, sia islamiche che occidentali, ricostruendone i profili e la biografia, in particolare per capire come e dove nascevano i processi di conversione, se per autoindottrinamento, come nella maggior parte dei casi o in virtù di legami con uomini, che fossero mariti, compagni, fratelli o padri. Ed è emerso che il boom si è avuto con la nascita dello Stato islamico, che ha segnato anche una maggiore diversificazione dei ruoli. Poi ho compiuto un’analisi semiotica su due riviste per capire se e in che termini la propaganda on line abbia promosso la mobilitazione femminile.

Si spieghi. Ho studiato Dabiq, individuando nove parole chiave e dall’ottavo numero in poi dei quindici in totale pubblicati, è emerso chiaramente il principio di esortazione alle donne a supporto delle organizzazioni terroristiche. Normalmente si pensa che si tratti di ruoli passivi perché silenti, quando invece è dimostrato che a volte l’organizzazione supera di gran lunga l’azione. Poi ho preso in esame due numeri di un femminile pakistano dove veniva scritto a chiare lettere che le donne dovevano fare proselitismo, offrire ristoro ai combattenti, promuovere la conversione.