la sentenza 

Crucifix, confermate le condanne 

La Cassazione ha respinto i ricorsi dei legali dei pusher di Piedimonte

Rigetto e conferma delle condanne per l’operazione antidroga Crucifix del 2014: la Cassazione chiude l’iter per cinque pusher del rione Piedimonte, dichiarando inammissibili i ricorsi e spiegando in nove punti le relative caratteristiche di «genericità e difetto di specificità» degli argomenti sostenuti. Restano confermate le condanne in Appello: nove anni e quattro mesi per Mario D’Elia, esponente di spicco della gang, il quale in primo grado era stato condannato a dieci anni; un anno e quattro mesi per Gerardo D’Alessandro, pena dimezzata rispetto ai tre anni del primo grado; dodici anni per Francesco D’Elia. I due capi, i fratelli D’Elia, sono considerati i vertici del gruppo attivo nello storico quartiere di Piedimonte, divenuto ritrovo stabile per consumatori di hashish, erba e cocaina.
La piazza era divenuta un punto nodale dello spaccio, con orari notturni e tardo-pomeridiani e una capillare organizzazione di pali, corrieri e pusher ad attendere le auto dei clienti di passaggio per il quadrivio, una strettoia utile agli scambi rapidi denaro-dosi. Gli accertamenti investigativi risalgono al periodo tra il 2011 e il 2012 e permisero di scoprire che la droga veniva nascosta dietro al crocifisso, da cui il nome all’indagine dei carabinieri del gruppo territoriale. L’organizzazione è stata documentata in due diverse fasi mediante l’installazione di telecamere nel quartiere.
Il capitolo Crucifix si chiude dunque con la pronuncia della Cassazione, che ha rigettato il ricorso presentato dai rispettivi legali degli imputati: per loro, nella successiva indagine antimafia del dicembre 2016, l’aggravante di camorra era stata esclusa dalla stessa Cassazione, con l’inquadramento di una gang dedita all’attività di smercio di stupefacenti, egemone nel proprio quartiere, in grado di contrastare l’ascesa dei Cuomo, insediati storicamente nel cuore del centro storico.
Alfonso T. Guerritore
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