IL CASO

Crescent, la Procura: «Reato prescritto ma va confiscato»

Impugnata la sentenza e ricorso in Cassazione

 

SALERNO - «La ricerca del consenso politico attraverso l’azione amministrativa è cosa diversa dal perseguimento degli interessi pubblici»; e, dunque, «il fatto che la realizzazione del Crescent e della piazza antistante (piazza della Libertà, ndr) rientrassero nel programma elettorale del vertice politico - e da qui l’avallo del Consiglio Comunale - non vale ad escludere la sussistenza del dolo intenzionale e al più rappresenta elemento confermativo della ferma volontà del vertice politico dell’Ente di raggiungere gli obiettivi sottesi a quelle opere».

I pm Rocco Alfano e Guglielmo Valenti, rappresentanti della pubblica accusa nel processo d’Appello per il Crescent, rimangono conviti, malgrado la sentenza assolutoria del luglio scorso per tutti gli imputati, che per tirar su l’emiciclo sul mare progettato da Bofill, siano state compiute «macroscopiche illegittimità»; e la macchina amministrativa del Comune ha prodotto tutta una serie successiva di atti con l’intenzione di sanarle. Con sullo sfondo dell’intera vicenda Crescent i rapporti intercorsi tra il costruttore Rainone (il privato che realizzò l’opera) e l’allora sindaco De Luca; «tra Rainone e la Ifil (società immobiliare dichirata fallita, ndr) e tra quest’ultima società e Piero De Luca (che non è imputato in questo procedimento, ndr) figlio del sindaco De Luca». Ecco perché i pm, insieme al Procuratore generale Leonida Primicerio, hanno impugnato la sentenza d’assoluzione della Corte d’Appello, con un articolato ricorso in Cassazione. Una sessantina pagine nelle quali, tra le altre cose, si torna a chiedere la confisca del Crescent. (to. si.)

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