Crescent, calcoli da rifare

La Soprintendenza al Comune: discrepanze tra le nostre perizie e le vostre

Per più di tre mesi avrà letto e riletto le autorizzazioni paesaggistiche (la numero 88 e l’89 del 6 novembre) attraverso le quali il Comune sembrava aver individuato come superare le prescrizioni che pesavano sul completamento del Crescent. Poi, calcolatrice alla mano, prima di firmare il via libera definitivo (comunque subordinato alle scelte della Procura, che a quel cantiere ha posto i sigilli nel 2013) ha messo nero su bianco un dubbio che ha il sapore di un codicillo da diritto romano: le altezze della mezzaluna e quelle di Palazzo di Città, riportate nei documenti stilati dai tecnici municipali, non corrispondono a quelle verificate dalla Soprintendenza. Anzi, per la precisione, sono «sensibilmente differenti», scrive il numero uno dell’Ente di via Tasso, Gennaro Miccio, all’architetto Maddalena Cantisani, dirigente del servizio trasformazioni edilizie del settore Urbanistica.

La nota - che porta la data del 20 febbraio - non è tesa solo ad informare il Comune di un eventuale errore, ma a richiedere la trasmissione delle perizie topografiche e altimetriche citate nelle autorizzazioni paesaggistiche, ma non allegate al faldone con il quale lo staff dell’ex sindaco De Luca si preparava ad incassare l’ok. Da buon padre di famiglia, raccomanda pure di «verificare ogni rispondenza alle prescrizioni imposte nei pareri, il cui rispetto rappresenta un requisito essenziale all’atto autorizzativo». Del resto, c’è in atto un processo penale, che ha visto di recente pure la costituzione di parte civile, quale parte lesa, del ministero per i Beni culturali, alle cui dipendenze si trova Miccio con l’intera Soprintendenza salernitana. La partita - per quanto surreale appaia - si gioca su 33 centimetri. A tanto ammonta, secondo gli uffici comunali, la quota della mezzaluna di Bofill da demolire per far sì che Crescent e Comune abbiano la stessa altezza, rispettando quanto l’ente di via Tasso aveva imposto (nei pareri rilasciati il 24 ottobre), ossia che l’emiciclo finito nel mirino degli ambientalisti, non svettasse oltre Palazzo di Città.

I comunali si misero a lavoro e verificarono che la sede in cui operano si alza, sul livello del mare, di 32,62 metri, mentre l’altezza assoluta è di 29,28 metri. L’altezza assoluta del Crescent è invece di 27,84 metri che salgono a 32,95 sul livello del mare. Facendo un pò di sottrazioni, stabilirono che per non violare i diktat, bisognava tagliare un frontone della terrazzata di circa un terzo di metro. Italia nostra e il Comitato del No gridarono allo scandalo, perchè la soluzione proposta sembrò quasi una limata da manicure, considerata la mole dell’edificio in questione.

Tre mesi dopo, Miccio si è accorto che qualcosa non quadrava e il futuro del cantiere (magistratura a parte) resta congelato. «Siamo stati attenti e ci siamo attenuti in maniera pedissequa alle prescrizioni - sbotta l’assessore all’Urbanistica Mimmo De Maio - Le perizie sono state realizzate con strumenti ottici di tipo digitale, in pratica un sistema laser sofisticato che consente un range di oscillazione limitatissimo». In ogni caso, per De Maio il problema non sono «i 33 o i 50 centimetri da “tagliare”, ma stabilire con chiarezza che cosa si vuole fare». Una domanda alla quale, forse, toccherà rispondere a qualcun altro. Per il momento sono solo indiscrezioni, voci di corridoio che da giorni si rincorrono negli uffici di via Tasso, secondo cui Miccio sarebbe stato destinato al segretariato generale della Basilicata, nell’ambito di un più vasto giro di poltrone, attivato per movimentare una graduatoria bloccata ormai da tre anni.

Nel frattempo, si aspetta l’ennesimo confronto - tra Comune e Soprintendenza - sulle altezze, calcolate evidentemente con strumentazioni differenti. Gli uffici municipali hanno provveduto ad inviare le perizie topografiche ed altimetriche che non erano state inserite nelle autorizzazioni paesaggistiche. Il passo successivo - azzardiamo una ipotesi - sarà vedersi recapitare la richiesta di inoltro dei progetti di ridisegno del Piano urbanistico attuativo di Santa Teresa, che pure mancano all’appello e che hanno spinto gli ambientalisti ad impugnare tutti gli atti, sia in sede amministrativa che penale, affinchè l’iter finora seguito venga ritenuto nullo, poichè manchevole di qualsiasi render o scheda di progettazione descrittiva di un intervento tanto complesso quanto contestato.

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