IL FOCUS

Cresce il fatturato delle agromafie, impennata del 30%

Normativa debole, imposizioni e ribassi a importi irrisori

SALERNO - Braccianti e operai sfruttati in nero, truffe ai consumatori, bassa qualità delle produzioni, aziende che trasformano prodotti agricoli venduti molto sotto i costi medi di produzione, fino ad arrivare alla distribuzione e alla ristorazione. Il giro oscuro nel campo agroalimentare vale 22 miliardi di euro l’anno tant’è che si parla di Agromafie. Organizzazioni criminali, infatti, investono nella coltivazione, nel trasporto, nel controllo di mercati ortofrutticoli, nella gestione della distribuzione all’ingrosso e al dettaglio, nella ristorazione fino nel commercio on line. Un mondo delle irregolarità che sfrutta i braccianti, gli operai nelle aziende, e così via fino alla tavola degli italiani, attaccando le imprese oneste e causando 150 mila posti di lavoro in meno in Italia. «La normativa vigente è vecchia come il cucco», ha affermato l’ex procuratore antimafia Gian Carlo Caselli, al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Cernobbio nello scorso ottobre. L’ex magistrato, a capo del comitato scientifico dell’osservatorio sulle Agromafie di Coldiretti, fida molto sulla possibilità di informazione del consumatore per potersi orientare, soprattutto attraverso le etichette narranti, sul contenuto del prodotto. «In generale conviene spendere un po’ di più per essere sicuri della sicurezza alimentare e non solo», sottolinea Caselli.

(s.d.n.)